Quando il feto inizia a percepire
A partire da quale momento ha senso iniziare a considerare il feto come un individuo cosciente? Lo studio della coscienza umana in periodo prenatale costituisce tutt’oggi una grande sfida. Falasperla e colleghi (2022) hanno condotto una revisione della letteratura, concludendo che, almeno da un punto di vista neuroanatomico, sia piuttosto improbabile che il feto possa essere considerato come un essere umano cosciente prima della ventiquattresima settimana di gestazione, ovvero prima che vengano stabilite le connessioni talamocorticali. Ciononostante, già a partire dalla settima settimana è possibile osservare reazioni e riflessi in risposta a stimoli provenienti dall’ambiente nel quale il feto è immerso, di fondamentale importanza perché svolgono la funzione di arricchimento per il processo di sviluppo sensoriale del quale è protagonista per tutta la durata della sua permanenza nell’utero materno (Lagercrantz & Changeux, 2009):
- Tatto e movimento: questi due aspetti dello sviluppo fetale sono fondamentalmente collegati tra loro, e il tatto rappresenta il primo senso a svilupparsi; a partire dalla settima settimana di gestazione, il bambino è soggetto a sussulti seguiti da movimenti generici, il cui repertorio si accresce rapidamente nel corso delle settimane successive. Poco più avanti nel corso della gravidanza, è possibile osservare movimenti isolati e contrazioni spontanee, importantissime per la formazione del sistema sensomotorio; ad ogni movimento corrispondono sensazioni provenienti sia dall’ambiente circostante che dal contatto, attivo e passivo, tra le parti del corpo, che costituiscono un contributo fondamentale alla formazione delle aree del cervello responsabili di dare forma alla mappa alla base della consapevolezza corporea. (Fagard et al., 2018)
- Udito: nella prima fase dello sviluppo fetale, detta preuditiva, il suono è percepito unicamente come vibrazione tramite l’epidermide: le onde sonore attraversano il liquido amniotico e accarezzano l’intero corpo del feto (Soldera, 2005 – citato in Pagnoncelli & Sanna, 2021, p.99). Solo nel secondo trimestre assistiamo allo sviluppo delle strutture in grado di catturare gli input sonori con attivazioni della corteccia uditiva (Lagercrantz & Changeux, 2009).
- Olfatto: si ipotizza che la sensibilità a stimoli olfattivi si sviluppi intorno alla ventesima settimana di gestazione, non appena i tappi epiteliali presenti nel naso spariscono; sembra, infatti, che il comportamento dei neonati possa essere alterato da odori riconducibili alla vita intrauterina, come quello del fluido amniotico (Lagercrantz & Changeux, 2009).
- Memoria: a 22-23 settimane di gestazione, il bambino è in grado di discernere uno stimolo ripetitivo da uno nuovo, mostrando comportamenti differenti (Lagercrantz & Changeux, 2009).
Questo quadro generale ci aiuterà a comprendere in che modo il feto è in grado di rispondere alle attenzioni e alle stimolazioni materne, seppure in maniera non cosciente.
Tre modi per entrare in relazione con il tuo bambino prima della nascita
Indipendentemente dall’esistenza di un accordo circa lo sviluppo della coscienza durante la permanenza nel ventre materno, il bambino ha la possibilità di diventare ben presto parte di una relazione senza pari, che ha inizio molto prima di venire al mondo: tale legame origina dalle prime valutazioni che la madre produce rispetto alla gravidanza e alla maternità, e si intensifica progressivamente man mano che il momento della nascita si avvicina (DiPietro et al., 2021). Si tratta di un periodo nel quale il bambino si trova in balia del corpo materno e ne sperimenta i cambiamenti fisiologici, ormonali, ne percepisce le vibrazioni e fa esperienza indiretta delle mutazioni nello stato emotivo della madre stessa. Tenendo in considerazione questa cornice, esploreremo tre modi attraverso cui è possibile entrare in relazione con le sensazioni, in continua maturazione, del proprio bambino, prima di poterlo tenere fisicamente tra le braccia.
Il tocco materno
Il ventre materno si prefigura come una fonte continua di stimoli per lo sviluppo di quegli apparati che permetteranno al bambino di percepire tatto, temperatura, pressione, dolore; mano a mano che il pancione cresce di dimensione per meglio accogliere il bambino, è facile osservare anche un aumento nella tendenza della madre ad interagivi con tocchi e carezze, a volte con l’intento esplicito di provare a scatenare una qualche reazione nel bambino; inoltre, il movimento stesso della madre, accompagnato dall’alternanza di tensione e rilassamento dei muscoli, costituisce un ulteriore stimolo sensoriale (Marx & Nagy, 2017).
In che modo è possibile capire che il bambino sta percependo le attenzioni che gli giungono dall’esterno? Osservando i suoi movimenti: in un recente studio (Nagy et al., 2021), è stato osservato che in condizioni neutre e in assenza di stimoli, il feto alla ventesima settimana di gestazione mette in atto alcuni movimenti specifici – nello studio in questione, si tocca il viso con la mano destra – i quali si ipotizza possano avere finalità di autoregolazione, e che sembrano interrompersi nel momento in cui la mamma tocca o accarezza il ventre, quasi a dare l’idea di mettersi in ascolto e non volere interferire con lo stimolo proveniente dall’esterno; inoltre, sembra che anche l’intenzione stessa trasmessa con il tocco possa fare la differenza: la reazione del bambino è maggiormente presente quando il tocco ha funzione di interazione, cioè quando la mamma presta attenzione ad eventuali cambiamenti e si adatta di conseguenza.
La reazione del feto al tocco non solo sembra essere specifica e differente in base alla qualità dello stimolo presentato, ma paiono esserci risposte diverse quando ad esercitare pressione sul ventre è la madre stessa, piuttosto che il padre o altre figure: si è osservato che durante il terzo trimestre di gravidanza i bambini hanno la tendenza a toccare le pareti dell’utero per periodi di tempo più lunghi quando è la mamma a creare un contatto. Anche il tocco del padre sull’addome della madre è probabilmente familiare al bambino, ma la pressione esercitata è interamente esterna, non accompagnata da movimenti congruenti della madre, la quale rimane immobile durante le interazioni del padre con il ventre (Marx & Nagy, 2017).
Suoni, voce e musica
Il feto, sin dal concepimento, si trova completamente avvolto in un mondo di suoni che provengono sia dall’esterno che dall’interno delle pareti addominali della madre: i suoni prodotti dalla digestione, dal respiro, dal battito cardiaco della mamma, contraddistinti da propri parametri ritmici e melodici, sono quelli che Tomatis (1996) definisce come un’orchestra viscerale materna (citato in Pagnoncelli & Sanna, 2021, p.99). Questo concerto si completa con la melodia prodotta da una voce ineguagliabile: quella della madre, la quale può avere la tendenza istintiva a comunicare con il proprio bambino parlando o cantando.
Il feto è in grado di percepire molto presto la voce della propria mamma, insieme a tutti gli altri i suoni provenienti dall’esterno e dall’interno dello spazio uterino che lo ospita, e a mano a mano che la gravidanza si protrae nel tempo sviluppa la capacità di discriminare e reagire in maniera differente a specifici stimoli sonori. Per esempio, in un recente studio (Ferrari et al., 2016) si è osservato che, dalla venticinquesima settimana di gestazione, la qualità e la quantità delle risposte fetali sembrano essere specifiche non solo rispetto al suono della voce della madre, ma addirittura alla tipologia di suono emesso: una delle ipotesi che spiegherebbero tale fenomeno è che vi siano reazioni più frequenti proprio al tipo di vocalizzazioni che è possibile ritrovare, durante la primissima infanzia, nelle prime e cruciali fasi nello sviluppo delle abilità di produzione delle parole, come la lallazione; sembra che l’esposizione precoce alla voce materna giochi un ruolo importante nel contribuire alla plasticità della corteccia uditiva prima della fine della gravidanza, e quindi del completo sviluppo del cervello (Webb et al., 2015).
C’è un altro strumento alle quali tutte le madri hanno accesso e che può costituire un importante veicolo per interagire con il proprio bambino tramite il suono; si tratta, in effetti, di un vero e proprio strumento musicale incorporato in ogni madre e in ogni persona che ne abbia consapevolezza: il canto. Non occorrono voci melodiose o particolari doti tecniche per cantare al proprio bambino: purché il canto sia un’attività che la mamma considera piacevole, esso costituisce un importante elemento per aumentare la sensazione di vicinanza con il proprio bambino (Wulff et al., 2021) – oltre ad essere un’ottima cura per ridurre lo stress!
Per chi sente che cantare non comunque è il proprio forte, c’è un’alternativa: il semplice ascolto della musica pare essere uno strumento altrettanto adeguato a entrare in uno spazio privilegiato di relazione con il proprio bambino e contribuire allo sviluppo di alcune abilità specifiche: la ricerca ha dimostrato che prima della nascita è possibile osservare comportamenti del feto in risposta alla variazione degli stimoli musicali, come cambiamenti nella frequenza, nell’intensità e nel ritmo; in generale, l’esposizione prolungata a stimoli specifici, in questo caso suoni, costituisce un importante rinforzo per lo sviluppo di tutte quelle strutture e circuiti del sistema nervoso centrale che il bambino sta iniziando a costruire con gran fatica (Poćwierz-Marciniak & Harciarek, 2021).
Emozioni: quello che provi tu, lo sento anch’io
Ci sono molti modi in cui una donna in gravidanza può cercare – e trovare – un contatto attivo con la vita che sta crescendo dentro di sé, ma ciò che è importante tenere a mente è che, durante tutto il periodo di gestazione, madre e figlio sono legati indissolubilmente dalla condivisione dello stesso corpo e di tutte le sensazioni che lo attraversano, incluse le emozioni; è possibile osservare come la risposta fetale durante il terzo trimestre, ancora una volta in termini di alterazioni nella frequenza di movimenti specifici, parrebbe avere caratteristiche opposte a seconda del tipo di emozioni, positive oppure negative, provate dalla madre (Araki et al., 2010): i bambini della ricerca in questione mostravano un aumento dell’attività motoria quando alla madre veniva mostrato un filmato divertente, e una riduzione degli stessi movimenti quando esso evocava tristezza.
È facile immaginare come anche esperienze emotive negative, come lo stress, possano avere un’influenza sullo sviluppo fetale: in effetti, sintomi di ansia e depressione protratti nel tempo sembrano essere associati a crescita fetale ridotta e a livelli di attività in utero più elevati (Conde et al., 2010); alcuni studi hanno osservato una correlazione tra l’esposizione allo stress materno nel periodo prenatale e variazioni nello sviluppo delle strutture cerebrali del feto, probabilmente mediati da condizioni di infiammazione conseguenti allo stress (Graham et al., 2022).
Pensa positivo, ma senza esagerare
Per alcuni genitori, ottenere strumenti supplementari che diano loro una sensazione di controllo sul benessere del nascituro può essere un elemento rassicurante e motivante; per altri, potrebbe aumentare l’ansia legata alla responsabilità che la gravidanza vada per il meglio: soprattutto nei casi di gestazioni a rischio, l’aspettativa diffusa di dover “pensare positivo” affinché il proprio bambino nasca sano può facilmente condurre a un circolo di senso di colpa e credenze di fallimento, a propria volta controproducente per la salute materna e per quella fetale. Eliminare completamente le emozioni negative non è possibile, e cercare di controllare queste ultime può risultare nella frustrazione generata dai tentativi di sopprimerle piuttosto che di affrontarle ed elaborarle (McCoyd et al., 2020).
La gravidanza costituisce un periodo unico sotto molteplici aspetti della vita della madre, ma può diventare anche una fase di grandi aspettative e paure, il cui esito non può sempre essere tenuto sotto controllo. A partire da questa consapevolezza, è importante investire sul rinforzo del legame tra la mamma e il bambino senza dimenticare che un grande supporto può provenire da strumenti e strategie per la massimizzazione del benessere perinatale, in termini di attenzioni mediche e psicologiche o di terapie complementari come la musica e il massaggio.
Arianna Gatto
BIBLIOGRAFIA
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DiPietro, J. A., Kivlighan, K. T., Voegtline, K. M., Costigan, K. A., & Moore, G. A. (2021). It Takes Two: An antenatal to postnatal RDoC framework for investigating the origins of maternal attachment and mother-infant social communication. Development and psychopathology, 33(5), 1539–1553. https://doi.org/10.1017/s0954579421000997
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Wulff, V., Hepp, P., Wolf, O. T., Balan, P., Hagenbeck, C., Fehm, T., & Schaal, N. K. (2021). The effects of a music and singing intervention during pregnancy on maternal well-being and mother–infant bonding: A randomised, controlled study. Archives of Gynecology and Obstetrics, 303(1), 69–83. https://doi.org/10.1007/s00404-020-05727-8