La ricerca di un sano consumo di cibo può essere considerata un’abitudine lodevole, soprattutto quando è intesa a prevenire il rischio di disfunzioni e alterazioni fisiche. La stessa abitudine si può osservare frequentemente anche tra persone sane che vogliono raggiungere una buona prestazione fisica o un migliore aspetto estetico. Quando, però, una sana alimentazione porta a una scelta eccessivamente accurata del cibo o una dieta corretta diventa la parte più importante della propria vita, questo atteggiamento può diventare patologico e alterare il comportamento alimentare fino ad arrivare a importanti restrizioni dietetiche, che possono causare danni in aree importanti del funzionamento (Segura-Garcia e coll., 2015).
Rispetto ad altri stili di alimentazione non salutare, l’ortoressia è stata ampiamente trascurata dalla comunità scientifica, anche se il suo modello comportamentale è frequentemente osservato dagli specialisti dei disturbi alimentari. Avendo ricevuto pochissima attenzione empirica, non è ancora formalmente riconosciuta come un disturbo psichiatrico.
Cos’è l’ortoressia?
Coniato per la prima volta da Bratman e Knight nel 1997, il termine “ortoressia nervosa” descrive un’ossessione patologica per una corretta alimentazione caratterizzata da una dieta restrittiva, schemi alimentari ritualizzati e rigido evitamento di cibi ritenuti malsani o impuri (Koven & Abry, 2015). Letteralmente significa “appetito adeguato” ed è stata descritta come “una malattia mascherata da virtù”.
Gli individui ortoressici sono tipicamente preoccupati dalla qualità, in contrapposizione alla quantità, del cibo nella propria dieta. Trascorrono molto tempo a controllare diversi aspetti come, ad esempio, la cottura, per evitare che il contenuto nutrizionale venga perduto; l’eventuale presenza di pesticidi, aromi artificiali o conservanti; il confezionamento, in quanto gli alimenti possono contenere composti cancerogeni derivati dalla plastica o le etichette, per vedere se forniscono informazioni sufficienti per giudicare la qualità di ingredienti specifici degli alimenti che vengono poi venduti sul mercato (Koven & Abry, 2015). La fissazione sulla qualità degli alimenti – una combinazione tra il valore nutritivo e la purezza percepita – è dettata dal desiderio di massimizzare la propria salute fisica e il proprio benessere, piuttosto che credenze religiose o preoccupazioni per l’agricoltura sostenibile, la protezione dell’ambiente o il benessere degli animali. Tale preoccupazione per la salute può suscitare schemi alimentari particolarmente complessi che richiedono periodi di tempo insolitamente lunghi per essere eseguiti (convinzioni che la massima digestione di un tipo di cibo si verifica in un certo periodo di tempo dopo l’ingestione di un altro tipo di cibo). Al di fuori dei pasti, si dedica la maggior parte del tempo alla ricerca e alla catalogazione del cibo, alla pesatura, alla misurazione e alla pianificazione dei pasti futuri, con ulteriori pensieri invadenti legati al cibo che si verificano al di fuori di questi periodi circoscritti.
Ortoressia in comorbilità con altri disturbi
Attraverso un attento esame dei confini diagnostici, è possibile rilevare importanti punti di sovrapposizione dei sintomi tra ortoressia e anoressia nervosa, disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), disturbo da sintomi somatici, disturbo d’ansia da malattia e disturbi dello spettro psicotico.
Molte delle caratteristiche sopra descritte riecheggiano i sintomi dell’anoressia nervosa e del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), condizioni che hanno presentazioni cliniche funzionalmente simili. Ortoressia e anoressia condividono tratti comuni di perfezionismo, ansia di tratto elevata e un forte bisogno di esercitare il controllo, oltre a una potenziale e significativa perdita di peso. Sia gli individui ortoressici che quelli anoressici sono orientati al successo, valutando l’adesione alla loro dieta come un indicatore di autodisciplina e interpretano la deviazione dalla dieta come un fallimento dell’autocontrollo. Entrambi hanno una visione limitata della loro condizione e spesso negano le menomazioni funzionali associate al loro disturbo. Per quanto riguarda la sovrapposizione con il disturbo ossessivo compulsivo, gli individui ortoressici manifestano alcune tendenze ossessivo-compulsive: pensieri ricorrenti e invadenti sul cibo e sulla salute in momenti inappropriati, preoccupazione amplificata per contaminazioni e impurità e un forte bisogno di organizzare il cibo, mangiandolo in modo ritualizzato. Simile a quelli con DOC, gli individui ortoressici hanno tempo limitato per altre attività, poiché l’aderenza a uno stile alimentare rigoroso interferisce con le normali routine. La differenza più significativa è che il contenuto delle ossessioni nell’ortoressia è percepito come ego-sintonico, piuttosto che ego-distonico. Nell’anoressia, gli individui sono preoccupati per l’immagine corporea e la paura dell’obesità, alterando i loro schemi alimentari per perdere peso; mentre nell’ortoressia, gli individui adottano abitudini alimentari in virtù dell desiderio di essere sani, naturali o puri, intrattenendo convinzioni irrealistiche, se non magiche, su determinati cibi. Gli individui anoressici tendono a nascondere i loro comportamenti, mentre gli individui ortoressici hanno maggiori probabilità di ostentare le loro abitudini. A differenza dell’anoressia nervosa, i loro criteri per la selezione del cibo non sono basati sulle calorie, ma su cibi sani rispetto a cibi ritenuti malsani (Arusoğlu, Kabakçi, Köksal & Merdol, 2008).
Le caratteristiche dell’ortoressia possono anche assomigliare all’ansia correlata alla salute osservata nei disturbi somatoformi. La preoccupazione per la malattia potrebbe generare una preoccupazione secondaria per il cibo e quindi la dieta come via per combattere la malattia reale o percepita. E’ noto che l’ansia per la salute è positivamente correlata alle preoccupazioni relative al cibo e alla dieta.
Infine, sebbene manchino solidi dati empirici su questo argomento, rimane la possibilità che l’ortoressia possa segnalare una psicopatologia più grave sotto forma di una condizione dello spettro psicotico. Ad oggi, esiste un caso di studio di una donna adulta le cui abitudini alimentari ortoressiche rappresentavano la fase prodromica della schizofrenia (Koven & Abry, 2015).
Quali conseguenza comporta l’ortoressia?
Sebbene possa spingere al desiderio di raggiungere una salute ottimale, l’ortoressia può portare a carenze nutrizionali, complicazioni mediche e scarsa qualità della vita. Essa è spesso associata a una compromissione funzionale significativa, poiché ciò che inizia come un tentativo di raggiungere una salute ottimale attraverso l’attenzione alla dieta può portare, oltre che a malnutrizione, anche a perdita di relazioni. Infatti, può implicare il distacco da familiari o amici che non condividono opinioni simili sul cibo (Segura-Garcia e coll., 2015). Gli individui ortoressici sono a rischio di isolamento sociale, poiché possono credere di poter mantenere un’alimentazione sana solo mentre sono soli e hanno il controllo dell’ambiente circostante, in modo tale da non interagire con altri che sono diversi da loro (Koven & Abry, 2015). Per quanto riguarda le conseguenze di questo stile alimentare estremo, gli individui ortoressici possono sperimentare carenze nutrizionali dovute all’omissione di interi gruppi alimentari, e sebbene manchino studi empirici a lungo termine, esistono prove che questo tipo di estremismo alimentare possa portare alle stesse complicazioni mediche che si vedono con l’anoressia grave: osteopenia, anemia, iponatriemia, acidosi metabolica, pancitopenia, carenza di testosterone e bradicardia. Psicologicamente, gli individui ortoressici provano un’intensa frustrazione quando le loro pratiche legate al cibo vengono interrotte, disgusto quando la purezza del cibo è apparentemente compromessa, senso di colpa e disprezzo di sé quando commettono trasgressioni alimentari. Tutto ciò si sovrappone alla preoccupazione cronica per l’imperfezione e la salute non ottimale. In effetti, le violazioni dietetiche possono indurre il desiderio di autopunizione, manifestato da una dieta ancora più rigida o atti di purificazione attraverso presunti digiuni purificatori.
La CBT come miglior trattamento: aspetto critico
Nonostante il campo manchi di dati sugli esiti terapeutici, le attuali migliori pratiche suggeriscono che l’ortoressia può essere trattata con successo con una combinazione di terapia cognitivo-comportamentale, psicoeducazione e farmaci. C’è però un aspetto controverso riguardo a questo trattamento, che sembra concentrarsi più sulla riduzione della forma e sul controllo del peso corporeo, piuttosto che sull’autocontrollo. Questa terapia insegna ai pazienti un modo di mangiare che funziona come un rinforzo meccanico positivo, elimina il significato fobico del cibo e li rassicura a mangiare senza le paure minacciose dei cambiamenti del corpo. “Il cibo diventa la cura” e così i pazienti imparano un nuovo modo per controllare il proprio peso corporeo e la propria forma. Essi passano dalla distruzione del proprio corpo alla sua protezione, attraverso un’alimentazione strutturata/meccanica che riduce l’ansia fornendo precisione, esattezza e certezza sulla qualità e quantità del cibo. Per questo motivo, da un’altra prospettiva, l’ortoressia potrebbe essere considerata un “effetto collaterale di tipo iatrogeno“, in quanto i pazienti imparano a rispettare di più il proprio corpo, ma allo stesso tempo cercano un compromesso che permetta loro di controllare anche il cibo. Gli studi, infatti, hanno dimostrato che il tratto di ossessività è difficile da migliorare dopo la CBT (Segura-Garcia e coll., 2015).
Conclusioni
In conclusione, le sane abitudini alimentari non sono patologiche; tuttavia, nel momento in cui una persona è eccessivamente preoccupata per il consumo di cibi sani e trascorre troppo tempo con tale ossessione, e di conseguenza sperimenta disfunzioni nella vita quotidiana, allora potrebbe essere preso in considerazione un disturbo legato al comportamento e alla personalità (Arusoğlu, Kabakçi, Köksal & Merdol, 2008). Secondo la letteratura, quindi, il fenomeno ortoressico può essere visto come un continuum di stati dal comportamento sano all’interesse patologico sul cibo, quando la purezza sostituisce il piacere. Il termine ortoressia nervosa dovrebbe essere limitato solo alla condizione patologica (Segura-Garcia e coll., 2015).
Camilla Orlandi
Bibliografia
Arusoğlu, G., Kabakçi, E., Köksal, G., & Merdol, T. K. (2008). Orthorexia Nervosa and Adaptation of ORTO-11 into Turkish. Turkish journal of psychiatry, 19(3).
Koven, N. S., & Abry, A. W. (2015). The clinical basis of orthorexia nervosa: emerging perspectives. Neuropsychiatric disease and treatment, 11, 385.
Segura-Garcia, C., Ramacciotti, C., Rania, M., Aloi, M., Caroleo, M., Bruni, A., … & De Fazio, P. (2015). The prevalence of orthorexia nervosa among eating disorder patients after treatment. Eating and Weight Disorders-Studies on Anorexia, Bulimia and Obesity, 20(2), 161-166.