Respira! La fisiologia del respiro tra Ansia, mindfulness e terapia

  1. HOME
  2. Articoli
  3. Respira! La fisiologia del respiro tra Ansia, mindfulness e terapia

 

Respira! Quante volte vi è stato detto? Specialmente quando siamo agitati o nervosi, è quello che ci viene detto per calmarci o che magari ci diciamo da noi. Quanto delle volte inconcludente, questo consiglio è più azzeccato di quel che sembra. L’ansia ha infatti delle radici molto profonde nella nostra neuro-fisiologia ed in particolare nella respirazione. I cambiamenti e le alterazioni che la respirazione ha quando viviamo degli stati d’ansia e paura, non solo sono utili per comprendere queste emozioni e le loro possibili derive patologiche; ma sono dei validi strumenti nel trattarle. All’interno di questo articolo esploreremo il rapporto tra respirazione e disturbi d’ansia e di come gli approcci terapeutici che utilizzano il respiro come strumento per risolvere queste condizioni tanto comuni.

Ansia e fisiologia del respiro

È innanzitutto necessario definire cosa intendiamo per “ansia” e le sue basi neuro-fisiologiche.

L’ansia è uno stato emotivo di allerta collegato alla paura, che si attiva nei casi in cui ci sia una minaccia potenziale o semplicemente una situazione imminente sconosciuta. È profondamente correlata con lo stress e come quest’ultimo è uno stato funzionale e necessario. A livello neuro-psicologico sappiamo che l’ansia è collegata all’attivazione fisiologica; la quale è generata dal sistema nervoso autonomo (SNA). In particolare il SNA simpatico, che agisce su molte delle funzioni vitali non volontarie. Tra queste funzioni c’è proprio la respirazione. È noto, infatti, come l’ansia scateni a livello neuro-fisiologico l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e proprio i meccanismi neuroendocrini (ormonali) dell’asse “dello stress” generino un cambiamento nel ritmo del respiro, causando iperventilazione (respiro accelerato). Tuttavia, solo recentemente si sono fatti degli studi sull’effettivo cambiamento del respiro in persone con stato ansioso e/o disturbi d’ansia.

Ansia e alterazione del respiro

Le modifiche del respiro coinvolte negli stati di attivazione/ansia sono per lo più:

  • l’iperventilazione, accelerazione del respiro
  • la dispnea, “fiato corto”
  • l’ipocapnia, cioè un livello basso di CO2 nel sangue.

Se si sta vivendo una certa ansia è molto comune avere iperventilazione. Si ipotizza che questa sia una risposta adattativa evolutivamente evoluta al pericolo che è in gran parte mediata in modo simpatico e prepara l’individuo per un’azione immediata. Il respiro veloce aumenta infatti il livello di ossigeno nel sangue e abbassa quelli di anidride carbonica, fenomeno chiamato ipocapnia (Wilhelm, Gevirtz, Roth; 2001). Tuttavia, questo scompenso genera anche una vasocostrizione periferica: scatta quindi un circolo vizioso in cui il cervello riceve meno sangue ed ossigeno, aumentandone la richiesta. Maggiore richiesta di ossigeno aumenta l’iperventilazione che aumenta lo stato di attivazione fisiologica e riduce la nostra capacità di giudizio.

Questo meccanismo è presente sia in persone con problemi d’ansia che in chi non ne ha affatto. Si è scoperto infatti che l’ipocapnia può essere indotta sperimentalmente in individui sani rendendoli ansiosi (Ley & Yelich, 1998). Viceversa, l’iperventilazione volontaria può portare a un modello di sintomi fisici e psicologici in individui sani che assomigliano a sintomi di ansia acuta (ad esempio, mancanza di respiro, palpitazioni, vertigini, svenimento o formicolio alle estremità).

 

La dispnea (mancanza di respiro) è stata invece trovata per essere uno dei sintomi più comunemente riportati nel disturbo da panico (PD) (McNally, Hornig, & Donnell, 1995), insieme a palpitazioni e svenimenti.

Tuttavia, si è visto che nei pazienti con PD la dispnea sia correlata con l’ipocapnia, il “sigh breathing” (sospiro) e recupero più lento della CO2 dopo il sospiro. E Nonostante non si ancora chiaro il rapporto di causa-effetto tra tutti questi fattori, è chiaro come siano quanto meno ci siano dei fattori trasversali che li uniscano.

 

Possiamo concludere che, nonostante sia ancora necessaria ulteriore ricerca per comprendere meglio l’effettiva correlazione e dinamica tra stati psico-fisiologici e la psicopatologia; risulta chiaro che ci sia un legame tra qualità e modalità del respiro e disturbi/stati d’ansia. E questo legame può esserci d’aiuto su un paino prettamente terapeutico. La respirazione, a differenza di altre funzioni vitali, è parzialmente controllabile volontariamente e questo ha fatto sì che numerose tecniche e pratiche sia per l’ansia che per il benessere si basassero sul controllo del respiro.

Andiamo dunque a vedere alcuni esempi di terapie per l’ansia basate sul respiro.

 

Il Breathing Training, Biofeedback e le tecniche cognitivo-comportamentali

Una delle aree della psicologia che si occupa di più del trattare i disturbi d’ansia e correlati è quella cognitivo-comportamentale che nelle sue applicazioni cliniche si è distinta per i suoi protocolli. Una varietà di protocolli clinici standard (ad esempio, Barlow, Craske, Cerny e Klosko, 1989) contengono infatti esercizi di respirazione. E se le varie tecniche standardizzate differiscono da protocollo a protocollo; in generale un programma completo di allenamento respiratorio include idealmente i seguenti passaggi:

  1. analisi della respirazione basale, sotto stress e al recupero (capnometria, modelli di misurazione o osservazione visiva),
  2. informazione sulla relazione tra ansia e cambiamenti fisiologici in generale (modelli di risposta di combattimento-fuga) e cambiamenti fisiologici rilevanti per la respirazione (come frequenza respiratoria, CO2, effetto Bohr);
  3. insegnamento della respirazione diaframmatica lenta con una mano sul petto e una sull’addome;
  4. sessioni settimanali di feedback del tasso respiratorio, PetCO2 e modelli respiratori;
  5. compiti a casa e formazione di generalizzazione per aiutare i pazienti ad applicare le abilità apprese in situazioni di vita reale.

I pazienti imparano come i loro sintomi possono essere prodotti da un’interazione di fattori psicologici (ansia e risposta di lotta-fuga) e processi fisiologici specifici (attivazione del sistema nervoso simpatico, riduzione della CO2 arteriosa, ecc.). Questa comprensione aiuta a chi ha disturbi d’ansia a comprenderli, non averne paura e risolvere insicurezze o paure legate alla loro condizione. IInoltre, utilizzando il feedback respiratorio, i pazienti sono in grado di verificare che la pratica domiciliare stia funzionando monitorando i loro progressi nella normalizzazione dei livelli di PetCO2 settimana per settimana (Jerath, Crawford, Barnes; 2015). Si potrebbe ipotizzare che il punto di forza di queste tecniche sta nella combinazione tra sfera cognitiva, psico-fisiologica e di biofeedback.

Respiro, Mindfulness e Disturbi d’Ansia

Mindfulness 101: dalla meditazione Vipassana alla presenza mentale di Kabat-Zinn

La Mindfulness è definibile come un insieme di pratiche psico-corporee ispirato alle tradizioni meditative orientali, il cui principio è quello della presenza mentale. Questa pratica immette infatti le sue radici nella pratica e dottrina buddhista, in particolare nella meditazione Vipassana. Questa meditazione è una delle più antiche e basa tutto sullo spostamento della concentrazione su aspetti sempre più ampi della realtà; dalle sensazioni corporee e i flussi di pensiero, fino alla realtà intorno a sé. Il tutto con lo scopo di cogliere la natura in-permanente e dinamica delle cose e contemplare la realtà in ogni attimo presente.

 

Il creatore della Mindfulness, il biologo John Kabat-Zinn ha, in parole povere, raccolto le pratiche meditative della Vipassana e ne ha creato un protocollo standard di tecniche con una prospettiva psico-corporea. Kabat-Zinn definisce infatti la sua pratica come:

“un’attenzione focalizzata, rivolta al momento presente e non giudicante” (Kabat-Zinn, 1994).

Dunque, anche se gli esercizi e le tecniche della Mindfulness non sono diverse da quelle meditative a cui si è ispirata, gli scopi e i concetti sottostanti sono completamente diversi. L’obiettivo delle meditazioni buddhiste (specialmente della Vipassana) è l’allontanamento dalla realtà materiale e l’avvicinamento allo stato di piena accettazione e pace: l’illuminazione spirituale al temrine del viaggio spirituale proposto dal Buddhismo stesso. Il focus sulle sensazioni immanenti del presente portano allo staccarsi dai propri pensieri, in quanto fonte di angoscia e dolore a sé stanti.

La mindfulness invece vuole allenare la mente a spostare l’attenzione dal negativo al positivo, ricercando quindi una consapevolezza e una presenza mentale flessibile e positiva, più che un distacco dalla sfera mentale e materiale tutta. La mindfulness non ricerca la pace assoluta e la fuga dalla realtà umana; ma un modo per viverla pienamente istante per istante. Senza nessun riferimento spirituale o morale.

In questa prospettiva venne creato il primo modello di pratica Mindfulness, ovvero la Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR). Questo, introdotto da Kabat-Zinn tramite dei programmi di percorsi di gruppo,  era basato su una alternanza tra esperienza pratica delle tecniche e fasi di confronto e formazione sulle dinamiche psico-corporee dello stress. Successivamente, a partire da questi primi protocolli si sono sviluppate le applicazioni Cognitive della Mindfulness, con i propri protocolli e dei veri e propri approcci psicoterapeutici come La Midfulness Based Cognitive Therapy. E tutt’oggi l’area Cognitivo-Comportamentale è fortemente segnata dalla Mindfulness e dai suoi principi. Ma oltre alla C-C la Mindfulness ha visto un enorme successo e diffusione del tutto trasversale, con decine di tecniche, protocolli, adattamenti e applicazioni. Tuttavia ad accomunare tutto questo ambaradan terapeutico sono le attitudini/principi della pratica e le tecniche base più importanti, che vengono replicate in ogni riadattamento.

Come funziona la Mindfulness

Per la mindfulness ci sono delle condizioni mentali essenziali per la pratica che definiscono come porre e costruire una consapevolezza mentale mindful. Queste condizioni sono spesso definite come le “8 attitudini” necessarie e sono:

  1. Mente del principiante (senso di novità e freschezza)
  2. Assenza di giudizio
  3. Accettazione
  4. Non cercare risultati (non pretendere di essere in un stato diverso da quello attuale)
  5. Imparzialità
  6. Lasciare che le cose seguano il loro corso
  7. Fiducia in sé stessi (fiducia in quello che si sente e si vive)
  8. Autocomprensione (l’amore per sé stessi così come si è, senza autoaccuse né critiche).

 

Seguendo queste attitudini di base, le tecniche mindfulness fanno spostare l’attenzione sulle funzioni corporee e sulle sensazioni interne ed esterne. Per poi accompagnarci (o farci ancorare) a certe catene di pensieri o a farci fare esperienze lasciando andare le catene di pensieri automatici che di solito le accompagnano, scegliendo consapevolmente di seguirle o meno. E la base di questo percorso c’è appunto il respiro, con esercizi di respirazione che spesso aprono gli esercizi e i protocolli o anche essendone il focus. La focalizzazione sul respiro è infatti usata come una sorta di portale che ci aiuta a sintonizzarci con il nostro corpo. E spesso ciò prevede anche un rallentamento del respiro che va a disinnescare i meccanismi sopracitati di iperattivazione ed anzi aumenta la qualità del respiro oltre a fare quasi da calmante auto innescato. Un esempio del potere di una tecnica del genere è per esempio il training autogeno. Tuttavia, la meditazione e la mindfulness vanno oltre e aiutano anche sul piano più (meta)cognitivo. L’uso dell’attenzione consapevole, infatti, allena la nostra mente ad analizzare ciò che succede attorno e dentro di essa; dandoci modo di essere consapevoli e quindi potenzialmente annullare le nostre risposte automatiche, oltre che le risposte emotive (Hahn, 1976; Kabat-Zinn, 1990; Salberg & Goldstein, 2001; Brantley, 2003). Quindi oltre ad agire più consapevolmente, la mindfulness ci dà modo di vedere i nostri pensieri, emozioni e bisogni solo come tali. Vedere i nostri pensieri solo come appunto pensieri che scorrono e non come ciò che definisce la nostra realtà ci dà la possibilità di andare oltre pensieri ed emozioni negative o che ci fanno soffrire. Ciò sarebbe estremamente utile e positivo per qualcuno con dei disturbi d’ansia. La consapevolezza ed il controllo del respiro sarebbe un prezioso alleato per gestire gli stati ansiosi; la consapevolezza di sé permette di conoscere sé stessi e quindi di non vedere le cose o gli eventi come minacce. Il senso di minaccia o di sconosciuto sono spesso causa d’ansia. Inoltre la capacità di comprendere e gestire i propri pensieri in quanto tali e senza giudizio darebbe modo ad una persona con ansia di distinguere ed allontanare quei pensieri ansiogeni o che alimentano quelle emozioni negative.

Efficacia delle terapie “del respiro” sui disturbi d’Ansia

Nonostante quanto detto, se sul piano teorico le terapie basate sul respiro sarebbero una soluzione ideale all’ansia patologica; nella ricerca la strada per la dimostrazione effettiva della loro efficacia è ancora lunga.

Potere del respiro o della mente? Biofeedback e Breathing Training

Uno degli aspetti problematici della questione è quello delle tecniche del Biofeedback e del Breathing Training. Quest’ultime nonostante siano, come già detto, spesso parte degli interventi cognitivi e cognitivo-comportamentali; non viene dato loro credito ed anzi spesso l’efficacia dei protocolli è data dall’efficacia delle tecniche sulla sfera cognitiva e non psicosomatica o fisiologica (Ruiter at al., 1989; Salkovskis, Jones & Clark, 1986.) Dopotutto è stato argomentato che il cambiamento dei pattern di pensiero sia part integrante della risoluzione dei disturbi d’ansia e che sia impossibile intervenire sul piano fisiologico senza alcun impatto sul piano cognitivo (Ley, 1991). Tuttavia, studi già precedenti dimostrano come interventi di bio-feedback possano essere tanto efficaci quanto protocolli cognitivo-comportamentali con allenamento respiratorio. Ed è stato inoltre dimostrato come in interventi basati sul bio-feedback il cambiamento dei parametri fisiologici della respirazione sia fortemente correlata ad una riduzione dei sintomi psicologici dei disturbi d’ansia (Bass, 1994). Perciò, nonostante sia assolutamente necessario fare ricerca sull’efficacia dei protocolli c-c con BT che considerino anche i fattori fisiologici; è chiaro che il biofeedback sia una soluzione valida per l’ansia. A prescindere che il respiro sia l’effettiva soluzione o solo uno strumento per risolvere queste problematiche della sfera cognitiva ed emozionale.

Il Mito della mindfulness e il valore delle tecniche meditative

La Mindfulness – come tantissime pratiche meditative al di fuori del mondo della psicologia e della clinica – ha avuto un enorme successo, catturando l’attenzione di tanti sia dentro che fuori la Psicologia. Anzi come già accennato, ha avuto un impatto fortissimo sulla 3° e 4° generazione della Cognitivo-Comportamentale. Ciò ha fatto sì che queste tecniche e pratiche diventassero comuni nell’immaginario collettivo della psicologia “pop”. Causando quindi generalizzazioni, decontestualizzazioni e una sorta di falso mito intorno alla mindfulness. Tuttavia, d’altro canto, la popolarità ha portato anche a sviluppare tanta ricerca sul tema. Questa ha infatti mostrato risultati positivi della mindfulness e di tecniche meditative del respiro su stress, ansia e depressione. In particolare, la mindfulness ha mostrato buoni risultati su sintomi dell’asma, del panico e dell’ansia (Laurino et al. 2012; e.g., Hofmann et al., 2010). E’ stata anche trovata una forte correlazione positiva tra i livelli di mindfulness tra i pazienti partecipanti e gli esiti clinici, oltre che un aumento duraturo della mindfulness nei post-terapia.

Altri studi hanno fatto emergere come la mindfulness abbia altrettanti o meno risultati indesiderati e tassi più bassi di recidiva di altre terapie (famracologiche e non). Tuttavia i risultati allettanti non sono emersi solo per la mindfulness in sé per sé. Anzi, numerosissimi studi hanno dimostrato l’efficacia di varie terapie meditative, da quelle basate sul semplice respiro alle pratiche come lo yoga e il pranayama. Quest’ultime hanno mostrato riduzioni dei sintomi di stress, ansia e / o depressione in diversi studi (Bhimani et al. 2011; Brown e Gerbarg 2005a; Marshall et al. 2013). Alcune tecniche di respirazione, che si sono rivelate particolarmente efficaci sul piano clinico, utilizzano la modulazione della velocità del respiro, allenando sia ad accelerare che rallentare la respirazione. Una di queste è la respirazione Sudarshan Kriya Yogica, altrimenti detta SKY (Zope e Zope 2013); la quale si è rivelata utile nella riduzione degli stati emotivi negativi come stress, depressione, disturbo da stress post-traumatico (PTSD) (Agte e Chiplonkar 2008; Brown e Gerbarg 2005a; Janakiramaiah et al. 2000). Riducendo anche sintomi secondari di ansia e stress tipici del PTSD a seguito di disastri naturali di natura traumatica (Descilo et al., 2010; Gerbarg e Brown, 2005).

Il respiro e la fisiologia dietro l’efficacia della meditazione

L’efficacia di queste tecniche, dalla mindfulness alla meditazione vera e propria hanno una possibile spiegazione psico-fisiologica. Grazie infatti ai meccanismi neurovegetativi dell’ansia prima spiegati, rendono possibile l’azione sull’ansia attraverso il respiro. L’ansia, come ogni stato di attivazione fisiologica, è regolata dal sistema simpatico. Questo regola infatti anche l’accelerazione del respiro e le risposte cardiocircolatorie (aumento della frequenza cardiaca e vasocostrizione periferica) tipiche dell’ansia. Attraverso la respirazione lenta e profonda, si attiva il sistema parasimpatico, inibitore del simpatico. I cicli di respirazione lenta sembrano infatti stimolare il nervo vago (Brown e Gerbarg 2005b), parte essenziale del parasimpatico. In questa prospettiva la ricerca e la clinica suggeriscono che la respirazione lenta e profonda e la sincronizzazione cardiorespiratoria possono portare ad aumenti omeostatici ed una diminuzione generalizzata dell’eccitabilità intrinseca di cuore e amigdala, causando l’inibizione fisiologica delle emozioni negative.

Così si spiega l’efficacia di tecniche meditative, che spostano la dominazione omeostatica simpatica alla parasimpatica. Dà inoltre un supporto fisiologico all’utilità della respirazione SKY, in cui i cicli di respirazione lenta inibiscono le emozioni negative e quelli di respiro veloce forniscono una lieve stimolazione simpatica simile all’esercizio fisico regolare che può aumentare la tolleranza allo stress (Brown e Gerbarg 2005; Khoury et. al., 2013).

Conclusione

E’ chiaro che quando si parla di psiche, non esiste una sola spiegazione né una sola soluzione. L’ansia e le sue derive patologiche rimangono fattori complessi e trasversali e quindi che possono essere affrontati in vari modi. Tuttavia è proprio con questa consapevolezza vediamo il potere che pratiche come quelle affrontate in questo articolo possano essere rivoluzionarie rispetto al modo in cui vediamo le nostre emozioni e la sofferenza che la nostre psiche vive.

Giulio De Pasquale

 

Bibliografia

Agte, V. V., & Chiplonkar, S. A. (2008). Sudarshan Kriya yoga for improving antioxidant status and reducing anxiety in adults. Alternative and Complementary Therapies, 14(2), 96–100. doi:10.1089/act.2008.14204.

Bass, C. (1994). Management of patients with hyperventilation-related disorders. In B. H. Timmons & R. Ley (Eds.), Behavioral and psychological approaches to breathing disorders (pp. 149- 156). New York: Plenum.

Bhimani, N. T., Kulkarni, N. B., Kowale, A., & Salvi, S. (2011). Effect of Pranayama on stress and cardiovascular autonomic function. Indian Journal of Physiology and Pharmacology, 55(4), 370–377.

Brantley, J. (2003). Calming your anxious mind: How mindfulness and compassion can free you from anxiety, fear, and panic. New Harbinger, Oakland, CA

Brown, R. P., & Gerbarg, P. L. (2005a). Sudarshan kriya yogic breathing in the treatment of stress, anxiety, and depression. Part II—Clinical applications and guidelines. Journal of Alternative and Complementary Medicine, 11(4), 711–717. doi:10.1089/ acm.2005.11.711.

Brown, R. P., & Gerbarg, P. L. (2005b). Sudarshan Kriya yogic breathing in the treatment of stress, anxiety, and depression: Part I—Neurophysiologic model. Journal of Alternative and Com[1]plementary Medicine, 11(1), 189–201. doi:10.1089/acm.2005. 11.189.

Descilo, T., Vedamurtachar, A., Gerbarg, P. L., Nagaraja, D., Gangadhar, B. N., Damodaran, B., et al. (2010). Effects of a yoga breath intervention alone and in combination with an exposure therapy for post-traumatic stress disorder and depres[1]sion in survivors of the 2004 South-East Asia tsunami. Acta Psychiatrica Scandinavica, 121(4), 289–300. doi:10.1111/j.1600-0447.2009.01466.x.

Elenkov, I.J., Chrousos, G.P. (2006). Stress system–organization, physiology and immunoregulation. Neuroimmunomodulation;13:257-67.

Feldman, G. (2007). Cognitive and behavioral therapies for depression: Overview, new directions, and practical recommendations for dissemination. Psychiatric Clinics of North America, 30, 39-50

Gerbarg, P. L., & Brown, R. P. (2005). Yoga: A breath of relief for Hurricane Katrina refugees. Current Psychiatry, 4, 55–67.

Hanh, T. N. (1976). The miracle of mindfulness: A manual for meditation. Boston: Beacon.

Hayes, S.C. (2005). Acceptance and commitment therapy, relational frame theory, and the third wave of behavioral and cognitive therapies. Behavior Therapy, 35, 639-665

Hofmann, S. G., Sawyer, A. T., Witt, A. A., & Oh, D. (2010). The effect of mindfulness-based therapy on anxiety and depression: A meta-analytic review. Journal of consulting and clinical psychology, 78(2), 169–183. https://doi.org/10.1037/a0018555

Janakiramaiah, N., Gangadhar, B. N., Naga Venkatesha Murthy, P. J., Harish, M. G., Subbakrishna, D. K., & Vedamurthachar, A. (2000). Antidepressant efficacy of sudarshan kriya yoga (SKY) in melancholia: a randomized comparison with electroconvulsive therapy (ECT) and imipramine. Journal of Affective Disorders, 57(1–3), 255–259.

Jerath, R., Crawford, M.W., Barnes, V.A. et al. (2015). Self-Regulation of Breathing as a Primary Treatment for Anxiety. Appl Psychophysiol Biofeedback 40, 107–115.

https://doi.org/10.1007/s10484-015-9279-8

Jaferi A, Bhatnagar S. Corticotropin-releasing hormone receptors in the medial prefrontal cortex regulate hypotalamic-pituitary-adrenal activity and anxiety-related behavior regardless of prior stress experience. Brain Res 2007;1186:212-23. 84

Kabat-Zinn, J. (1990). Full catastrophe living: Using the wisdom of your body and mind to face stress, pain, and illness. Dell Publishing; New York.

Kabat-Zinn, J. (1994). Wherever you go there you are: Mindfulness meditation in everyday life. New York, NY: Hyperion.

Khoury, B, Lecomte, T, Fortin, G, Masse, M, Therien, P, Bouchard, V, Chapleau, MA, Paquin, K, Hofmann, SG., (2013). Mindfulness-based therapy: a comprehensive meta-analysis. Clin Psychol Rev. Aug;33(6):763-71. doi: 10.1016/j.cpr.2013.05.005. Epub 2013 Jun 7. PMID: 23796855.

Klosko, J. S., Barlow, D. H., Tassinari, R., & Cerny, J. A. (1990). A comparison of alprazolam and behavior therapy in treatment of panic disorder. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 58(1), 77–84. https://doi.org/10.1037/0022-006X.58.1.77

Lau, M.A. McCain, S.F. (2005). Integrating mindfulness meditation with cognitive and behavioural therapies: The challenge of combining acceptance and change based strategies. Canadian Journal of Psychiatry, 50, 863-869

Laurino, R. A., Barnabe, V., Saraiva-Romanholo, B. M., Stelmach, R., Cukier, A., & Nunes Mdo, P. (2012). Respiratory rehabilita[1]tion: A physiotherapy approach to the control of asthma symptoms and anxiety. Clinics (Sao Paulo), 67(11), 1291–1297.

Ley, R. (1991). The efficacy of breathing retraining and the centrality of hyperventilation in panic disorder: A reinterpretation of experimental findings. Behaviour Research and Therapy, 29(3), 301-304

Ley, R. , & Yelich, G. (1998). Fractional end-tidal CO as an index of the effects of stress on math performance and verbal memory of test-anxious adolescents. Biological Psychology, 49(1-2), 83-94.

McNally, R. J., Hornig, C. D., & Donnell, C. D. (1995). Clinical versus nonclinical panic: A test of suffocation false alarm theory. Behaviour Research and Therapy, 33(2), 127–131. https://doi.org/10.1016/0005-7967(94)00037-K

Orsillo, S.M., Roemer, L.A. (eds.) (2005). Acceptance-based behavioural therapies for anxiety: Conceptualization and treatment, Springer, New York

Dempsey, J. A., & Pack, A. I. (1995). Regulation of breathing. New York: Marcel Dekker. de Ruiter, C., Ryken, H., Garssen, B., & Kraaimaat, F. (1989). Breathing retraining, exposure and a combination of both, in the treatment of panic disorder with agoraphobia. Behaviour Research and Therapy, 27(6), 647-655.

Salkovskis, P. M., Jones, D. R., & Clark, D. M. (1986). Respiratory control in the treatment of panic attacks: Replication and extension with concurrent measurement of behaviour and PCO2 . British Journal of Psychiatry, 148, 526-532.

Salzberg, S., Goldestein, J. (2001). Insight meditation. Sounds True, Boulder, Co

Segal, Z.V., Williams, J.M., Teasdale, J.D. (2002). Mindfulness-based cognitive-therapy for depression: A new approach to preventing depressive relapse. Guilford, New York. Trad.it. (2006). Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. Bollati-Boringhieri, Torino.

Torta R, Caldera P. Che cos’è l’ansia: basi biologiche e correlazioni cliniche. Pacini Editore, Pisa, 2008

Van Praag HM. Anxiety/Aggression–driven depression. A paradigm of functionalization and verticalization of psychiatric diagnosis. Prog Neuropsycho pharmacol Biol Psychiatry 2001;25:893-24. 83

Wilhelm FH, Gevirtz R, Roth WT. Respiratory dysregulation in anxiety, functional cardiac, and pain disorders. Assessment, phenomenology, and treatment. Behav Modif. 2001 Sep;25(4):513-45. doi: 10.1177/0145445501254003. PMID: 11530714.

Zope, S. A., & Zope, R. A. (2013). Sudarshan kriya yoga: Breathing for health. International Journal of Yoga, 6(1), 4–10. doi:10. 4103/0973-6131.105935

Sitografia

https://www.stateofmind.it/2020/04/mindfulness-disturbi-ansia/

https://www.my-personaltrainer.it/5-tecniche-di-respirazione-anti-ansia.html

https://www.stateofmind.it/mindfulness/#articoli_tree

https://www.paginemediche.it/benessere/corpo-e-mente/cortisolo-come-ridurre-l-ormone-dello-stress

 

Per ricevere assistenza o maggiori informazioni

CONTATTACI ORA

Hai bisogno di aiuto e vuoi ricevere una consulenza GRATUITA?

Vai allo
SPORTELLO DI ASCOLTO

Articoli Correlati

Iscriviti alla Newsletter

Menu