INTERVISTA A GIUSEPPE RIZZI: IL DISEGNO COME STRUMENTO CLINICO NELLA TERAPIA DI COPPIA

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INTERVISTA A GIUSEPPE RIZZI:
“IL DISEGNO COME STRUMENTO CLINICO NELLA TERAPIA DI COPPIA”
A cura di Lisa Buoso

L: Il disegno è uno strumento clinico che tu utilizzi in particolar modo nella terapia di coppia. Lo utilizzi anche nella terapia individuale?

G. > Lo utilizzo raramente nella terapia individuale.
Nella psicoterapia individuale la persona ha più possibilità, tempo e modi per riflettere su di sé e descriversi. Nella Percezione di Sé, all’interno della seduta, la persona si rappresenta col sogno, col racconto, con l’espressione di Sé in diretta (posture, atteggiamenti, movimenti, gestualità, vocalità, mimica). Lo psicoterapeuta può cogliere ed utilizzare ciò che osserva e richiamarlo in seduta per la riflessione del paziente o nella successiva per un riscontro, un feedback. Ciò consolida nella percezione, nella consapevolezza, nella valutazione del paziente il processo in atto. Questo, soprattutto quando la sopravalutazione e l’attenzione ai contenuti verbali focalizza questo o quel particolare a discapito della complessiva esperienza terapeutica nell’interezza del Sé anche nella sua rappresentazione e raffigurazione.

Queste modalità finemente ed altamente manipolative nella gestione delle parole, delle espressioni, descrivono spesso la relazione, l’organizzazione di coppia, riportandola ai propri pensieri, giudizi, paure occulte: non le colgono nella sua interezza, unicità, scollegandola dal suo funzionamento, riportando all’uno o all’altro le modalità del suo funzionamento, che resta univoco, pur nella differenza dei singoli, anche nelle alterazioni che sottendono il disagio riportato insieme.

Con l’uso del disegno nella terapia di coppia, si conduce la coppia ad una attività che coinvolge entrambi nella stessa esperienza e che integra il parlarsi;  impegna ciascuno  a mostrarsi all’altro, un poter raffigurare sé, la coppia, alcune attività specifiche con minor filtri di controllo, più spontaneità ed osservabilità immediata; induce spesso stupore e meraviglia verso l’altro con l’osservare un prodotto creativo inaspettato, suscitando curiosità e rinnovato interesse sui segreti dell’anima. Soprattutto, la descrizione grafica di quest’insieme, che è l’organizzazione di coppia, con due nuclei o polarità, come nei sistemi elittici,  aiuta a sviluppare quella capacità riflessiva fondamentale per non andare per la tangente e dare forma alle distanze o alle convergenze e comunicarle. Il disegno  è, poi, nella sua oggettiva materialità, modificabile in una direzione suggerita o convenuta o progettata dagli attori in scena, come tutte le esperienze terapeutiche proposte.

L: Dove nasce l’interesse per il disegno e il suo utilizzo in terapia?

 G. >Ho iniziato ad approcciarmi all’uso disegno in senso stretto, per scopi ricreativi ed educativi, nella giocosità dello strumento: esso permetteva di aiutare il bambino/a ad esprimersi in modo denso e sincretico nella manipolazione visuo-spaziale dei segni e dei simboli, nello sviluppo di coordinazione dei movimenti, anche di quelli fini, di soffermarsi a dare la possibilità di riflettere, di interagire, di parlarsi e confrontarsi con gli altri .
Il percorso di studi per gli insegnanti e per lo psicologo prevede una formazione di base sul disegno infantile e sui vari scopi per cui viene utilizzato.
Quando ho fatto il supervisore in un progetto nelle comunità per bambini e adolescenti abusati, ho incominciato a capire l’importanza di poterlo utilizzare non solo come strumento di espressione, ma anche di Percezione di Sé, strumento diagnostico e tecnica di intervento clinico.

La/il bambina/o abusata/o e oggetto di violenza è molto chiusa/o, ritirata/o, confusa/o, non solo difronte alla comunicazione nei contenuti per quello che è avvenuto, ma lo è anche rispetto all’incombere di una minaccia proveniente dall’adulto che lo stesso psicologo potrebbe rappresentare nel riproporsi in una relazione non nota e non più fiduciale. Confusione ed evitamento sono forme abituali che rendono problematica qualsiasi forma di comunicazione in senso stretto, nello smarrimento di senso sia rispetto a sé sia verso gli altri.
Il disegno, in questi casi, diventa un modo giocoso, un fare qualcosa di abituale che permette di interagire e di riaprirsi anche per altre cose e non solo relativamente al motivo per cui viene inviato dallo psicologo, cercarne un significato, esprimerlo.
All’interno di questo progetto, a tutta l’équipe, me compreso, è stata fatta una formazione su quali indicatori presenti nel disegno potrebbero portare alla consapevolezza di eventi traumatici e ad un loro superamento.

L: Qual è stato il punto di svolta?

G. >Il punto di svolta è stato nel poter confrontare il disegno, nel suo impiego, comparandolo con le rappresentazioni di sé e degli eventi come nella prassi con cui vengono assunti nelle rappresentazioni con il sogno. Questo avviene tanto nel modo con cui è costruito, quanto nella congruenza od incongruenza del contenuto simbolico e metaforico: poter incrociare il racconto onirico con l’esperienza in atto,  nel guardare e percepire la realtà con una capacità nuova, poterla raccontare dopo situazioni traumatiche  ed andare insieme verso il futuro, ri-crearlo, trasformando, cambiando il disegno, la scena, il racconto, la prospettiva.

L: Nella terapia di coppia come lo utilizzi?

G. >Spesso alla consultazione la coppia porta percezioni contradditorie e contrastanti, reciprocamente colpevolizzanti, nella confusione.  La percezione della coppia come tale è carente, così pure la rappresentazione di sé e dell’altro, dell’insieme, in una situazione di stallo o di crisi, vengono riportati solo gli opposti. Ricostruire il loro modo di essere coppia non passa solo attraverso un processo cognitivo ed attributivo costruito da terzi, ma da uno descrittivo ed osservativo costruito con i vissuti degli stessi autori nel momento in cui esperiscono la coppia nell’esperienza terapeutica attuale a ridare significato nuovo alla loro storia. Per intensificare il loro sentirsi coppia, ora, si possono usare anche gli strumenti audiovisivi.  Il disegno immette la coppia in un’esperienza diretta, un’attività in cui essi sono attori, osservatori, descrittori riflessivi e valutatori del funzionamento della coppia, accompagnati dal terapeuta. Una vera e propria esperienza in cui si è totalmente coinvolti. Sia in fase diagnostica che nel prosieguo terapeutico verso un’alleanza trasformativa.

E’ imprescindibile, nel poter proseguire una terapia di coppia, di famiglia, di gruppo, lo sviluppo della Percezione dell’altro e dell’organizzazione di coppia, di famiglia, di gruppo con cui immettere il senso di sé nei rispettivi obbiettivi da condividere, una rinnovata Progettualità.

Il disegno diviene uno strumento riflessivo, oltre che di rappresentazione immediata, che velocizza il processo di “valutazione percettiva globale”,  come chiamata nel Funzionalismo, la consapevolezza integrata nei sistemi di funzionamento.
Nei sogni si percepiscono le paure, oltre al modo con cui affrontarle e, spesso, nelle coppie ciò che viene aperto meno sono proprio le paure profonde  e le reciproche fragilità.
Nel mettere a punto tecniche, strumenti, esperienze da utilizzare nella terapia di coppia, è stata un’intuizione quella di introdurre anche il disegno.
Si è costruita così sull’esperienza clinica una processualità ed anche una modalità operativa che utilizzasse tale strumento su funzionamenti specifici.
In fasi diverse del percorso di coppia, questo “compito”, per contenuti prefissati, può svolgersi in seduta o a casa, in modo disgiunto, altre volte congiuntamente, collaborando, intensificando il livello comunicativo ed esperienziale.
Questa tecnica, nei suoi contenuti può essere direzionata sulla ricostruzione di esperienze di Alleanza, Fiducia, Condivisione, Percepire, Progettualità, Controllo, l’Essere considerati.
C’è possibilità di mettere a confronto i segni, la loro congruenza/incongruenza, potersi far capire, evidenziare le caratteristiche di ciascuno nelle peculiarità di genere, nelle alterità e nelle rispettive polarità e false oppositività, per una maggior e profonda comprensione del funzionamento dell’organizzazione duale e riscoprire l’altro.
Il disegno viene usato come modo per uscire dall’impass della costrizione e delle rigide stereotipie che si sontrano gli stimoli al cambiamento.
E’ nella tecnica e nell’abilità del terapeuta saper cogliere questi aspetti e immettere un cambiamento possibile, adoperando lo strumento stesso, associato ad altre usuali tecniche.

L: Racconta una situazione che non ti aspettavi e ti ha sorpreso.

 G. >Tutti i casi mi sorprendono, ho ancora la capacità di venir sorpreso e di guardare la vita nella meraviglia.
Ricordo con piacere il caso di una coppia di giovani anziani che, attraverso l’utilizzo dei disegni, è arrivata insieme a Percepire ed a riflettere insieme, collegando aspetti profondi del proprio funzionamento alterato.
Il marito coltivava debordanti fantasie sessuali, permaneva un grande desiderio verso la moglie in modo possessivo, ma, non solo non percepiva la sessualità dei figli e delle figlie nel loro sviluppo e differenziazione, ma nemmeno la femminilità della moglie, valorizzandola nell’ambito lavorativo, ormai pesante per entrambi. Ritrovare l’intimità, la complicità giocosa avviene attraverso la rappresentazione del dove collocare i figli rispetto alla vecchia stereotipia di vedere il tutto attraverso il lavoro e la produttività.

Le sorprese che danno più sorpresa sono quelle nella riscoperta della giocosità di coppia, che, sovente, riscopre alcuni momenti della loro storia.

L: Scopriamo il dietro le quinte (quanto piacere, le fatiche, le sorprese quello che non ti aspettavi, ….) nel tuo lavoro

G. > Ho vissuto svariate situazioni critiche nel mio lavoro. Ho incontrato quelle più curiose nelle consulenze richieste dalle scuole su casi e situazioni difficili.
Racconto su tutti un caso che ho trattato molti anni fa e che, a posteriori, sarebbe stato chiamato “bullismo”: un ragazzo molto sviluppato per la sua età importunava professoresse e ragazzine in una seconda media inferiore. Fino a quel momento nessuno era intervenuto e/o interveniva direttamente perché avevano paura, pur essendo intervenuti con richiami, note, molti provvedimenti disciplinari. Venivo chiamato, insieme all’équipe guidata dal Dr. Valli Angelo per un intervento per “caso difficile in classe” di una 2^ all’interno di progetti di prevenzione.

Nell’intervento: avendo avuto l’appoggio del Consiglio di classe, con l’assistenza dei docenti in classe, del Preside e di tutti i compagni presenti, propongo un’esperienza. Tutti sono stati disposti lungo il perimetro dell’aula, si crea un setting aperto all’interno della stessa aula con il gruppo a cerchio. Al centro c’eravamo io e il ragazzo; ho dato a lui la possibilità di fare un’esperienza di “lotta giocosa” con me in cui a lui sarebbe stata permessa ogni strategia, nei miei confronti, per far valere la sua forza, mentre io mi sarei limitato a difendermi ed a fermarlo. Alla sua estrema aggressività tesa a colpirmi nei genitali, ho risposto con urlo per lui choccante che mi ha permesso di prenderlo e contenerlo  (Holding) con una mossa da “boa costrictor” e di tenerlo con forza, parlandogli, fino alla ritrovata calma. Ci ho rimesso la cravatta e un p’ di dolori alle cervicali ed alle spalle. La situazione è stata completamente protetta ed accompagnata. A conclusione, il ragazzo mi ha richiesto la rivincita per il successivo incontro. Cosa che non avvenne, poiché nella conseguente traduzione di un bisogno di maggior protezione e cura che lo stesso cominciò a tradurre attraverso l’ammalarsi, ci fu un cambiamento suo e sul modo di potersi far carico di lui dai genitori e dagli insegnanti.

Molti interventi con tecniche prese dalla prassi terapeutica funzionale sono stati utilizzati all’interno del mio lavoro nelle comunità terapeutiche per minori in situazioni di emergenze aggressive.

L: Cosa ti ha permesso di non mollare nei momenti di difficoltà e di arrivare al punto in cui sei ora?

G. >Ho potuto superare momenti di difficoltà che ho incontrato nelle sedute o in alcune fasi del mio lavoro, attingendo all’esperienza dei vari momenti di difficoltà superati in solitudine in un lungo periodo della mia vita infantile ed adolescenziale, ed ancor più,  in senso più ampio, attraverso una mia capacità ricettiva, poter ricevere ed assorbire tutto ciò che mi tornava utile, in un costante apprendimento pratico ed orale che aveva fortemente caratterizzato la mia prima infanzia, laddove ci si doveva arrangiare in tutto, acculturandosi facendo, inseriti in un contesto lavorativo. Nello specifico, poi, ho mantenuto il rapporto con la cultura nel valorizzare il lavoro proprio ed altrui, nella fatica, accettando la sofferenza e la tristezza. Successivamente ho avuto la fortuna e la scelta di sperimentare vari approcci alla persona e di aver ricevuto una formazione psico-corporea, in specie Funzionale. Ho potuto entrare col volontariato e lavorativamente in molti ambienti professionali in cui davo, ricevevo e assorbivo, in uno stimolo continuo alla formazione permanente nel proprio e negli altrui costrutti, senza pregiudizio di verità assolute ed attraversare l’incertezza. Ho avuto l’occasione di aver lavorato con professionisti molto esperti (culture mediche, pedagogiche, educative, assistenziali, sociologiche, psicologiche, psichiatriche, arti marziali,…).

Mentre lavoro, ogni tanto, nel riproporsi di situazioni analoghe e affrontate da altri, penso “quella persona faceva così…”, potendomi differenziare od implementare  quella pratica nell’approccio ora praticato, spesso me lo ritrovo in modo spontaneo, riconoscente a chi mi ha passato l’esperienza; così attingo a modelli e a persone con cui ho lavorato e con lavoro a stretto contatto. Mi gratifica e mi incoraggia anche il pensiero, qualche volta anche nell’attuale, il riconoscimento che anche altri guarderanno e mi porteranno con sé nell’avermi trovato esperto e, soprattutto umano, capace di contatto.

 #INTRECCI

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