Luca Rizzi è Psicologo Clinico, Psicoterapeuta Funzionale e collabora con l’Associazione di Psicologia Funzionale da quando è nata nel 1989 e dal 2006 è componente del direttivo. Durante la sua carriera ha avuto innumerevoli pazienti con l’idrofobia (paura dell’acqua) e la talassofobia (paura del mare), motivo per il quale abbiamo deciso di intervistarlo. L’intervista consiste in una panoramica di cosa caratterizza la paura dell’acqua, in modo che una persona che sia interessata in questa tematica, la capisca nelle sue diverse sfere e nel suo complesso.
Cos’è la paura dell’acqua e come si manifesta?
Dott. Rizzi: La paura dell’acqua ha tante forme, e dietro ad esse compare l’emozione. Di fondo la paura dell’acqua non è la paura quanto l’aspetto fisico dell’acqua, ma dell’insieme di pensieri che circondano l’avvicinarsi all’acqua, l’immergersi nell’acqua… e sono questi pensieri che poi fanno venire paura. Molte persone non fanno questo passaggio cognitivo di consapevolezza, ma semplicemente avvertono la paura; altre invece passano direttamente alle sensazioni fisiche e di risposta alla paura.
La paura dell’acqua non è in quanto acqua, ma in quanto l’acqua è simboleggiata in tante altre storie, immagini, ricordi, pensieri o proiezioni sul futuro. Di fondo uno non è che ha paura dell’acqua, tutti beviamo l’acqua. Quindi di cos’è che abbiamo paura? Paura dell’acqua in quanto acqua o invece del rapporto che avviene tra noi e l’acqua nei diversi contesti?
Quale sono le diverse tipologie? Come si differenziano?
Dott. Rizzi: Ci sono infinite tipologie di paura. Una con cui ci si imbatte sempre è la sensazione di soffocamento a contatto con l’acqua, quindi la paura di annegare…Il terrore di fondo è quello di morire in contatto con l’acqua. E lì, forse, esistono infinite specifiche: alcuni hanno paura di stare in acqua in presenza di altre persone vicino, in quanto il contatto fisico che ci può essere toglie la loro sicurezza; altri hanno timore della profondità, e altri dell’ignoto. La classificazione è veramente multiforme, ma in tutte le diverse tipologie troviamo la paura di non controllare il contesto in cui ci si è nell’acqua.
Possiamo dire che la paura dell’acqua è collegata alla paura di perdere il controllo?
Dott. Rizzi: Non di perdere il controllo, ma di non averlo. Perché uno dei pezzi nell’acqua è proprio lasciarsi andare. L’acqua ci alleggerisce, pesiamo meno, e ci fa sentirsi tenuti. Questi elementi diventano trigger per le persone che hanno paura dell’acqua. Nella testa di essi si affliggono pensieri come “l’acqua non mi terrà quindi annegherò” e “io non sono in grado di gestire le onde”.
Come si instaura dentro di noi questa paura? Cosa può causarla?
Dott. Rizzi: Per molte persone sono dei piccoli traumi, che di solito si manifestano da bambini: uno era in acqua e si è girata la barca, il maestro di nuoto che lo ha lanciato nell’acqua o lo ha schiacciato la testa… Per altre persone questa paura deriva dal contesto famigliare: nel senso che i membri della famiglia hanno paura dell’acqua e hanno sempre avvertito come messaggio che l’acqua è pericolosa.
Quindi anche i membri della famiglia o persone vicine possono influenzare l’emergere della paura?
Dott.Rizzi: Sì, possono influenzare la paura. Nei primi approcci con l’acqua al posto di creare un clima validante e rassicurante, la famiglia o altre persone possono passare l’idea che l’acqua è pericolosa e un posto poco sicuro.
Quali sono i sintomi comuni quando la persona si avvicina dell’acqua?
Dott.Rizzi: Agitazione, aumento della frequenza cardiaca, tremori e mancanza di fiato.
Quali sono i migliori trattamenti per superare la paura dell’acqua?
Dott. Rizzi: Io ho creato una pratica che fa riferimento a due approcci abbastanza famosi e importanti nella psicologia. Uno è il comportamentismo, che è di fondo una esposizione graduale ad uno stimolo avversivo, e l’altro è l’approccio psico-corporeo. Esso ci aiuta ad imparare a conoscere la risposta psicofisiologica, quindi è un’intervento di consapevolezza di come interagiscono mente e corpo. Un altro approccio che utilizzo, ma che non è strutturato sull’acqua, è l’acceptance and commitment therapy. In alcuni casi uso anche modelli fondati sulla mindfulness e sulla compassione.
Infatti, volevo chiederle: come il mindfulness e il respiro possono aiutare a superare questa paura?
Dott.Rizzi: Allora, quando io faccio questo training per la paura dell’acqua non parto dal respiro ma prima parto della consapevolezza dell’interazione mente e corpo. Quindi quali sono i nostri pensieri, le nostre sensazioni fisiche, cosa noi facciamo e che emozioni proviamo. Strutturata questa parte qua, lavoro sul respiro. Come dicevo prima, le persone che hanno paura dell’acqua, gli si blocca il respiro. Sentono un nodo nella gola, fanno fatica a respirare e lì, intervengo su una maggiore consapevolezza del respiro ma anche maggiore proprietà del respiro. Quindi faccio fare diversi tipi di esercizi sulla respirazione usando il respiro come ancora cognitiva dove portare l’attenzione. Dunque, parlo di 3 interventi del respiro: essere consapevoli del respiro, essere consapevoli che possiamo influenzare il nostro respiro, e sapere usare il nostro respiro come un’attività di fondo calmante.
So che in passato ha svolto un training di 8 incontri, 4 in studio e 4 in piscina per affrontare la paura dell’acqua. Mi può parlare un po’ di questo training e dei risultati ottenuti?
Dott. Rizzi: La mia storia è iniziata in compagnia. Con un’ istruttrice di nuoto ho iniziato un training di gruppo in piscina che ha avuto esiti molto positivi. È stato però molto impegnativo reclutare un numero minimo di persone motivate… Da lì, mi sono messo un po’ da parte in quanto l’organizzazione era un limite, anche se l’esperienza è andata molto bene. Successivamente ho deciso di fare un training che si può assolutamente svolgere a distanza. I primi incontri sono sulla conoscenza della mente e del corpo, e dopo i primi due/tre incontri tra un’incontro e l’altro chiedo di fare alcune esperienze in acqua in base a dove si è focalizzata la paura della persona. Può essere andare in piscina, al mare o anche farsi la doccia. Tendenzialmente quello che succede ad oggi è che in 8/10 incontri queste persone recuperano la loro acquaticità. In conclusione, è un training per recuperare la familiarità con l’acqua e i risultati sono molto positivi.
Per ulteriori approfondimenti sulle tematiche introdotte in questo articolo, il Centro di Psicologia e Psicoterapia Funzionale presenterà giovedì 25 maggio 2023 alle ore 20:30 un webinar gratuito sulla paura dell’acqua. E’ possibile trovare tutte le informazioni per partecipare cliccando su questo link.
Gabriela Andreghetti.