Alimentazione e benessere psicologico: la relazione tra cibo e cervello

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Benessere

La nostra alimentazione è da sempre stata diretta, e chiaramente relazionata, al benessere fisico. È un collegamento che tutti noi facciamo quando pensiamo a cosa mangiamo, come le tematiche dell’obesità, del diabete, della pressione alta del sangue, ecc. Tutti questi argomenti forse possono venirci in mente quando pensiamo al cibo e a come mangiamo, ma esiste anche un altro aspetto legato all’alimentazione che viene tante volte trascurato: la sua relazione con il benessere psicologico.

Nel corso degli anni l’interesse per la correlazione tra il nostro benessere psicologico e l’alimentazione è cresciuto, e in questo articolo parleremo di scoperte scientifiche che ci mostrano sempre di più quanto questa relazione possa essere molto più profonda di quanto si possa pensare.

Effetti bidirezionali

La prima cosa di grande importanza è che ci sono due direzioni in cui questo legame può avvenire: mangiare influisce sul proprio umore e benessere psicologico, e il proprio stato psicologico può influire su cosa e quanto si mangia.

Un dettaglio a cui spesso non facciamo caso è che anche il cervello fa parte del nostro organismo fisico. Il cibo che si consuma ha un effetto su tutto il nostro corpo, compreso il nostro cervello. Infatti, si è osservato che gli effetti di ciò che si mangia influiscono sulle neurotrasmissioni del nostro cervello che gestiscono il nostro benessere psicologico. Il cervello e il sistema nervoso dipendono dalla nutrizione per costruire nuove proteine, cellule e tessuti, e per questo è molto importante fare attenzione agli alimenti che consumiamo.

Il “secondo cervello”

La prima direzione è quella per cui il cibo che mangiamo influisce sul benessere psicologico, nel senso che cibi diversi o diverse abitudini alimentari possono agire per contribuire a far emergere diverse tendenze psicologiche. Uno studio fatto all’Università di Manburg in Germania (2016) ha mostrato come certi cibi e bevande possano modulare sentimenti di fatica, di vigilanza psicologica, di gratificazione, di stress e dell’umore in generale delle persone.

Altri studi precedenti hanno anche dimostrato che una dieta sana ed equilibrata può aiutarci a pensare chiaramente, sentirci più vigili, migliorare la concentrazione e la capacità di attenzione. Infatti, una dieta povera può provocare o aggravare stati di stress e depressione. Alcuni studi di questo decennio cominciano anche a dimostrare che includere frutta e vegetali di alta qualità nella dieta di giovani adulti può portare a miglioramenti in termini di vitalità e motivazione.

L’American Psychological Association (Associazione di Psicologia Americana), una delle principali istituzioni di riferimento nell’ambito della psicologia, spiega che le ricerche attuali stanno aiutando a mostrare come queste influenze del cibo avvengano nella nostra mente. Molte volte l’intestino viene chiamato il “secondo cervello”, e questo avviene perché i processi fisiologici e mentali sono regolati anche dai batteri intestinali, che producono sostanze neurochimiche nel cervello.

L’azione di questi batteri causa determinati effetti nelle nostre emozioni e nella nostra salute mentale. Per esempio, si ritiene che il 95% dell’apporto corporeo di serotonina, uno stabilizzatore dell’umore, sia prodotto dai batteri intestinali, e si pensa che lo stress sopprima questi batteri intestinali benefici. È stato anche suggerito che alcuni alimenti, come uova, spinaci, semi, e prodotti a base di soia, che sono fonti di triptofano, collaborino alla produzione di questo neurotrasmettitore così importante.

Alimentazione e psicopatologie

Il nuovo campo della psichiatria nutrizionale, che ha iniziato a prendere più forza da circa vent’anni, ci mostra che, quando mangiamo, le sostanze che introduciamo nel nostro corpo portano a nutrire diversi tipi di batteri che vivono nel nostro intestino, e che in realtà è questo che può influenzare come ci sentiamo e come ci comportiamo. I batteri buoni non influenzano solo la digestione, ma anche l’umore e il livello di energia.

Secondo la Scuola di Medicina di Harvard, la dieta attuale del mondo occidentale, con una quantità esagerata di zuccheri raffinati, per esempio, è una dieta con diverse sostanze dannose per il cervello. Confrontando questo scenario con le diete chiamate “tradizionali”, come la dieta mediterranea e la dieta tradizionale giapponese (più ricche di frutta, pesce, frutti di mare, verdure, etc.), le ricerche hanno dimostrato che il rischio di depressione è inferiore dal 25% al 35% in coloro che seguono le diete tradizionali.

In effetti, pensando al ruolo della dieta nell’eziologia delle malattie psicologiche croniche, si può sottolineare la tendenza verso un’associazione inversa tra maggiore qualità della dieta e depressione. Diversi risultati indicano la possibilità che il miglioramento della dieta possa fornire una strategia terapeutica efficace e accessibile per la gestione della depressione, come anche di altri disturbi, come quello d’ansia, altamente diffuso. Queste evidenze portano alla conclusione che l’asse intestino-cervello ha un ruolo chiave nella neuropsichiatria e che la dieta è un fattore modulante in questo asse.

La salute mentale, come mangiamo e disturbi alimentari

Secondo l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità), “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o d’infermità“. Questo significa che dobbiamo pensare non solo alla dimensione fisica della salute, ma anche a quella mentale, intesa come la combinazione di umore, stato mentale, sentimenti di sé e benessere psicologico generale. Lo stato mentale in cui ci troviamo in un determinato momento o che abbiamo solitamente può influire molto nelle nostre abitudini alimentari, dal momento che i fattori psicologici individuali che influenzano l’alimentazione includono tratti della personalità come l’autostima, l’immagine corporea e l’alimentazione moderata (dieta cronica), nonché l’umore e il focus dell’attenzione.

L’immagine corporea negativa può predire un’eccessiva restrizione alimentare seguita da attacchi di eccesso di cibo e persino abbuffate, soprattutto nelle ragazze adolescenti o donne adulte. Oltre a questo, anche lo stress e i sentimenti negativi, come il dolore o la solitudine, possono influenzare i tipi di cibi consumati, sia riducendone che aumentandone l’ingestione.  Questo avviene non solo nella sua quantità di cibo ingerito, ma anche nella qualità: un esempio è l’abuso di cibi con minor valute nutrizionale, detti”di conforto” . In realtà, questi atteggiamenti agiscono molte volte operando sotto il livello di consapevolezza dell’individuo, e per questo possono rafforzarsi senza essere combattuti.

Di conseguenza, i diversi eventi esterni nella vita di una persona influiscono costantemente sul modo in cui questa si alimenta. Studi che ricercano la correlazione tra l’ansia e il comportamento alimentare degli studenti mostrano che i giovani sono portati ad aumentare il consumo totale di calorie quando sono nel periodo degli esami. Dalla ricerca è emerso che i ragazzi con maggiori livelli di ansia aumentano molto il proprio consumo calorico, unitamente a una riduzione della qualità del cibo. Questi comportamenti possono arrivare anche a conseguenze permanenti nelle abitudini alimentari degli studenti.

L’estremo dell’influenza negativa del nostro stato psicologico sull’alimentazione sono i disturbi alimentari. Principalmente nelle donne, la percentuale di giovani e adulte che soffrono di anoressia o bulimia è ancora troppo alta, e cresce ancora di più a causa dell’influenza dei social sull’autostima delle ragazze.

Ripensando il rapporto con l’alimentazione

Come abbiamo visto, l’alimentazione e il benessere psicologico sono molto più strettamente connessi di quanto si potesse immaginare tempo fa. Essere consapevoli di questa realtà può aiutarci a pensare meglio a cosa stiamo mangiando e a come scelte alimentari consapevoli e sane possano aiutarci nel nostro benessere di tutti i giorni. Possiamo così percepire il corpo come unità, e capire che le nostre, seppur piccole, scelte nel quotidiano sono importanti per il nostro benessere.

Inoltre, non possiamo dimenticarci di quanto i nostri stati emotivi (anche quelli inconsci) possano influenzare i nostri atteggiamenti. Abitudini come il “Mindful eating”, che consiste nell’essere presenti e consapevoli di ciò che facciamo nel momento in cui stiamo mangiando, possono essere un’opportunità per ottenere informazioni sui nostri modelli di pensiero e alimentazione. Poco a poco, queste informazioni possono essere strumenti preziosi per il nostro vissuto e, infine, per quello a cui aspiriamo: la felicità e il benessere della mente.

 

Elena Sartori

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