Introduzione
“Uomini e donne disperati perché abbandonati a se stessi, che si sentono degli oggetti a perdere, che anelano la sicurezza dell’aggregazione e una mano su cui poter contare nel momento del bisogno, e quindi ansiosi di ‘instaurare relazioni’ sono al contempo timorosi di restare impigliati in relazioni ‘stabili’ per non dire definitive, poiché paventano che tale condizione possa comportare oneri e tensioni che non vogliono né pensano di poter sopportare e che dunque possa fortemente limitare la loro tanto agognata libertà di…sì, avete indovinato, di instaurare relazioni”
Così Bauman (2003) dipinge le tensioni emergenti dalle relazioni di coppia postmoderne nel suo celebre testo “Amore liquido”: “un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame”, per cui “l’uomo è alla ricerca di una relazione ma al tempo stesso la teme, teme la sua durata e la sua bolla, da cui non poter più uscire e trovare la salvezza”. Tali tensioni portano l’essere umano a vivere l’assetto relazionale con fatica, fino al suo possibile fallimento. A tal riguardo, Bauman sostiene che “il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione”. Proprio sulla comunicazione di coppia, e su come riconoscere quando essa non è efficace, si focalizza il contributo portato in questo articolo.
Le lenti teoriche attraverso cui si è scelto di osservare il fenomeno sono quelle proprie di Watzlawick e della scuola di Palo Alto, autori del saggio: “Pragmatica della comunicazione umana” (1971). Secondo l’approccio di Watzlawick, la comunicazione umana può essere osservata attraverso tre settori distinti: la sintassi[1], la semantica[2] e la pragmatica. Quest’ultima è di principale interesse per l’autore, e si occupa degli “effetti della comunicazione sui parlanti, ovvero dell’influenza che questa esercita sul loro comportamento”[3]. Tale influenza risulta così intensa che conduce Watzlawick e collaboratori a intendere la “comunicazione” proprio come sinonimo del “comportamento”. In tal senso, qualsiasi tipo di comportamento messo in atto nell’interazione tra due individui, compreso il silenzio, ha un valore comunicativo, e influenza l’interazione stessa e i comportamenti successivi messi in atto dai soggetti.
Ogni comunicazione necessita di un emittente, da cui partono le “informazioni”, e di un ricevente che le accoglie. Inviate le informazioni, diventa fondamentale il costrutto di “feedback” (o retroazione): ritornano cioè all’emittente delle informazioni relative allo stato del ricevente dopo aver ascoltato il messaggio, e può essere un feedback negativo o positivo. Quello negativo “caratterizza l’omeostasi (stato stazionario) e gioca un ruolo importante nel far raggiungere e mantenere la stabilità delle relazioni. La retroazione positiva provoca invece un cambiamento, cioè la perdita di stabilità o di equilibrio”[4]. Risulta così evidente come lo scambio di informazioni influenzi gli interlocutori in un sistema di tipo circolare, per cui il ricevente, dando il suo feedback dopo essere stato influenzato dalla ricezione dell’informazione, influenza a sua volta l’emittente iniziale.
Un altro aspetto messo in luce è quello della “ridondanza”, per cui le comunicazioni non ripartono ogni volta “da zero”, e può accadere che subentrino delle “ripetitività” in esse, volte a mantenere l’equilibrio nella comunicazione. In virtù del costrutto di “ridondanza”, alcuni scambi comunicativi si manifestano dunque con maggiore probabilità rispetto ad altri, e permangono nelle interazioni successive come sorta di “memoria storica dell’interazione”.
Watzlawick e collaboratori hanno inoltre formulato cinque assiomi, definiti “proprietà semplici della comunicazione umana che hanno fondamentali implicazioni interpersonali”. A seguire vengono descritti tali assiomi, le cui implicazioni sono indagate dal punto di vista della relazione di coppia.
I cinque assiomi della comunicazione umana
1. “L’impossibilità di non comunicare”
Tutto ciò che facciamo o diciamo, intenzionale o meno, conscio (se facciamo riferimento all’impostazione psicodinamica) o meno, è comunicazione. Ogni comportamento è dunque un “messaggio”[5] che, rispondendo ad altri messaggi, comporta nuove comunicazioni.
In ambito psicopatologico, il sintomo si configura dunque come un comportamento che ha una sua funzione e rappresenta l’impossibilità di comunicare in altro modo, se non quello.
Nel contesto di coppia, considerando il primo assioma, anche il silenzio e l’indifferenza tra i partner comunicano qualcosa.
Un esempio può essere quello che Zamperini (2010) definisce “trattamento silenzioso”, forma di ostracismo in cui uno dei due partner gioca fino in fondo un ruolo per cui l’altro partner cessa di esistere. “La rabbia sembra essere sia la molla scatenante che induce ad agire in tale modo, così come la reazione emotiva di chi è colpito”[6] (e questo pone in luce la circolarità del processo comunicativo). Il trattamento silenzioso comporta “uno stallo che rende i partner poco disponibili a fare il primo passo, prendendosi la responsabilità di aprire una nuova conversazione”[7]. Tuttavia, chi ostracizza percepisce un conflitto interiore circa lo scusarsi che risulta inferiore. Chi è ostracizzato, invece, mostra maggiore pressione per la riconciliazione. Il silenzio si manifesta agli occhi dell’ostracizzato come comunicazione ambigua, in quanto priva di ancoraggio a cui aggrapparsi. Infatti, non sono presenti parole né gesti, come quello dello schiaffo o della spinta, che permettano di decodificare chiaramente le motivazioni che hanno portato il primo partner a perpetrare il trattamento silenzioso. Tuttavia, nel suo silenzio vi è una comunicazione di conflitto in atto, che porta l’ostracizzato a voler risolvere la situazione. Secondo la scuola di Palo Alto, non è tanto importante chiedersi il “perchè” della comunicazione, bensì “a quale scopo” essa sia stata messa in atto. L’uso del trattamento silenzioso permette, a chi lo perpetra, di inscenare un conflitto senza prendersi la responsabilità di aver esplicitato un’azione aggressiva verso l’altro partner. Ciò con l’obiettivo finale di “vincere” e farsi dunque chiedere scusa, rimanendo al contempo tutelati dall’essersi esposti poco da un punto di vista verbale o fisico.
2. “Livelli comunicativi di contenuto e di relazione”
Watzlawick e colleghi distinguono due livelli entro cui si dipana il processo circolare della comunicazione. Il primo, quello di contenuto, definisce il “cosa” si sta comunicando, mentre il secondo da’ informazioni relative a “che tipo di relazione si vuole instaurare con l’interlocutore”. In tal senso, è importante comprendere cosa viene comunicato, ma è necessario anche tenere in considerazione “come” viene comunicato. L’aspetto di relazione, dunque, si configura come meta-comunicazione, in quanto comunica qualcosa sulla comunicazione stessa. Tuttavia, “le relazioni soltanto di rado sono definite deliberatamente o con piena consapevolezza. In realtà, sembra che quanto più una relazione è spontanea e ‘sana’, tanto più l’aspetto relazionale della comunicazione recede sullo sfondo. Viceversa, le relazioni ‘malate’ sono caratterizzate da una lotta costante per definire la natura della relazione, mentre l’aspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante”[8].
Un esempio di quanto descritto relativamente alla coppia è il seguente: uno dei due partner chiede all’altro di fare la spesa, ma lo fa con risentimento. Questo perchè, considerando che la comunicazione è in un sistema circolare e non riparte sempre “da zero”, l’emittente che fa tale richiesta è già infastidito dal fatto che la settimana prima, a seguito della stessa richiesta, il partner si era rifiutato o si era dimenticato di soddisfarla. Nonostante il contenuto, ovvero la richiesta di fare la spesa, possa essere considerato “non aggressivo”, la modalità colma di risentimento nel fare tale richiesta dipinge di emozioni tutt’altro che “serene” la comunicazione di coppia. Inoltre, si consideri sempre la presenza del fenomeno di retroazione, per cui il partner che riceve la comunicazione in modo aggressivo viene influenzato da essa, e ad essa risponde. Possiamo immaginare infinite risposte alla richiesta risentita di fare la spesa, ma consideriamo quella che rivela un certo fastidio, provato dal ricevente, nell’essersi sentito trattare con aggressività. E, ad aggressività, risponde con altrettanta aggressività: la coppia entra in pieno conflitto.
3.“La punteggiatura della sequenza di eventi”
Immaginiamo la comunicazione come un lungo testo privo di punteggiatura: noi abbiamo il compito di inserirla. Tale operazione è fondamentale in quanto, nell’inserire la punteggiatura, ognuno porta il proprio punto di vista rispetto al senso che assume il testo. Tuttavia, se la punteggiatura viene posta diversamente dagli interlocutori, il testo può acquisire un senso distinto. Ne consegue che la realtà che gli interlocutori stanno vivendo insieme, viene configurata diversamente da ognuno, e questo può avere come implicazione anche la conflittualità. Nella vita di coppia, può accadere che si osservi la situazione esclusivamente secondo la propria punteggiatura, non riuscendo a cogliere quella del partner e considerando “corretta” solo la propria. Un esempio relativo proprio alla comunicazione di coppia è proposto dagli stessi autori del manuale:
“Supponiamo una coppia che abbia un problema coniugale di cui ciascun coniuge è responsabile al 50 percento: lui chiudendosi passivamente in sé stesso e lei brontolando e criticando. Quando spiegano le loro frustrazioni, l’uomo dichiara che chiudersi in sé stesso è la sua unica difesa contro il brontolare della moglie, mentre lei etichetta questa spiegazione come distorsione grossolana e volontaria di quanto ‘realmente’ accade nel loro matrimonio: vale a dire che lei critica il marito a causa della sua passività. Se li sfrondiamo di tutti gli elementi effimeri e fortuiti, i loro litigi si riducono allo scambio monotono dei messaggi ‘io mi chiudo in me stesso perchè tu brontoli’ e ‘io brontolo perchè tu ti chiudi in te stesso’. […] Nella psicoterapia congiunta delle coppie si è spesso colpiti dall’intensità di quel fenomeno che nella psicoterapia tradizionale si sarebbe definito ‘distorsione della realtà’ da parte di entrambe le persone.”
La problematica comunicativa emersa tra i due si lega alla “loro incapacità di meta-comunicare in base ai rispettivi modelli di interazione”[9]. Pertanto, “si può risolvere attraverso la meta-comunicazione, in cui si parla della relazione e non dei contenuti degli scambi”[10].
4. “Comunicazione numerica e analogica”
La comunicazione numerica veicola il livello di contenuto, quella analogica il livello di relazione.
Il linguaggio numerico riguarda il mero uso delle parole, ovvero dei grafemi ai quali corrispondono dei significati nel dizionario che altro non sono che il frutto di convenzioni arbitrarie della lingua. Tale linguaggio viene usato per scambiare informazioni e trasmettere conoscenze.
Il linguaggio analogico, invece, “ha le sue radici in periodi molto più arcaici della evoluzione e la sua validità è quindi molto più generale del modulo numerico della comunicazione verbale, relativamente recente e assai più astratto”[11]. Esso comprende la comunicazione non verbale e para-verbale, per cui i movimenti e la posizione del corpo, le espressioni e i gesti, ma anche il tono, il volume e il ritmo della voce, o le risate e i silenzi. Inoltre, considera anche tutti i segni specifici del contesto in cui ha luogo l’interazione. Il linguaggio analogico permette di veicolare la relazione dando sfumature e valore ai contenuti trasmessi, e nel corso delle interazioni si fa costantemente riferimento alla congruenza tra quest’ultimo e quello numerico.
Immaginiamo ora un’interazione tra partner: il primo racconta con entusiasmo la propria giornata lavorativa, in cui ha ricevuto apprezzamenti dal suo superiore per il lavoro svolto e si è aperta la possibilità di un avanzamento di carriera. L’altro, nonostante affermi verbalmente di essere interessato al racconto, evita di guardare negli occhi il primo e manifesta un’espressione percepita come “assente”. Si verifica così una discrepanza tra il contenuto e la forma della sua comunicazione, che va a minare l’esito della conversazione stessa, producendo possibili attriti nella coppia.
5. “Interazione complementare e simmetrica”.
Nelle comunicazioni simmetriche gli interlocutori si collocano sullo stesso piano, ovvero a un livello paritario basato sull’uguaglianza: nessuno prevarica sugli altri, bensì tutti si rispecchiano vicendevolmente nel modo di comportarsi. Nelle comunicazioni complementari si possono invece osservare due posizioni: “one-up”, che è quella di chi si prende la responsabilità dell’interazione e si trova a un livello di superiorità, e “one-down”, che è la posizione di chi reagisce all’altro adattandosi al suo comportamento e trovandosi così in una posizione subordinata. Le comunicazioni complementari, dunque, si basano sulla differenza.
La simmetria e la complementarità non vanno confuse con “relazione buona” e “relazione cattiva”.
Ad esempio, immaginando un’interazione di coppia, il manifestarsi di una comunicazione simmetrica in cui il comportamento rispecchiato vicendevolmente dai due partner è di tipo aggressivo, provoca un’escalation simmetrica di tipo conflittuale[12]. Ad ogni modo, in una relazione sana sono presenti, alternandosi, interazioni complementari e interazioni simmetriche. A definire la bontà dell’interazione è dunque il contesto entro cui avviene lo scambio, così come il ruolo che rivestono gli interlocutori. Ad esempio, in un rapporto tra datore di lavoro e dipendente, il datore di lavoro si troverà a un livello di superiorità a fronte del ruolo che riveste, ed entro il contesto lavorativo.
Le patologie comunicative
Ogni assioma implica come corollari delle specifiche patologie comunicative, che comportano vari livelli di intensità e qualità del conflitto tra i soggetti, e la possibile insorgenza di psicopatologie.
L’impossibilità di non comunicare: patologie comunicative
Nonostante sia impossibile non comunicare, possono venire fatti dei tentativi per evitare la comunicazione:
– Rifiuto: esplicitazione della volontà di interrompere la comunicazione. Uno dei due partner mette in atto un comportamento di esplicito rifiuto nei confronti dello scambio con l’altro. Questo rifiuto influenza inevitabilmente lo stato dell’altro partner con una retroazione positiva, che genera cambiamento, e che potrebbe essere di tipo conflittuale.
– Accettazione: uno dei due partner non vuole comunicare, ma cede alla proposta di scambio comunicativo. “É probabile che questo atto di debolezza gli farà odiare sé stesso e l’altra persona”[13], con la possibilità che dal livello di relazione risulti chiara l’indisposizione a comunicare, nonostante a livello di contenuto ciò non sia palesato.
– Squalificazione: un partner risponde all’altro con comunicazioni inconcludenti, cambiando argomento, fraintendendo l’altro o contraddicendosi con lo scopo di invalidare la comunicazione in atto. “Non sorprende che a questo tipo di comunicazione ricorra tipicamente chiunque si trovi alle strette in una situazione in cui si sente obbligato a comunicare ma allo stesso tempo vuole evitare l’impegno inerente a ogni comunicazione”[14].
– Il sintomo come comunicazione: uno dei due partner manifesta sonnolenza, mal di testa o qualsiasi altra condizione ambientale/culturale/psicologica o medica non sotto il suo controllo per cui attribuisce a tali manifestazioni la responsabilità di non poter parlare con l’altro.
La struttura del livello della comunicazione (contenuto e relazione): patologie comunicative
“Ogni psicoterapeuta sa quanto sia frequente la confusione tra gli aspetti di contenuto e di relazione di un problema, soprattutto nella comunicazione tra coniugi, e quanto sia difficile ridurla al minimo. […] Il disaccordo può manifestarsi a livello di contenuto o a livello di relazione; è chiaro però che le due forme dipendono l’una dall’altra”[15]. Spesso, all’interno delle dinamiche di coppia, il disaccordo circa i contenuti dell’interazione è in realtà relativo agli aspetti relazionali tanto che frequentemente, indagando, emerge che non vi è nemmeno un reale disaccordo a livello di contenuti!
Inoltre, una volta risolto il “problema” contenutistico, permane quello relazionale: una delle due persone aveva torto, e l’altra ragione. Risulta quindi necessario cominciare a parlare della relazione e di cosa comporti avere torto o ragione su quel piano. Poi bisogna definire se la relazione è di tipo simmetrico o complementare e, in questo meta-comunicare, si porta anche la definizione di sé stessi. Una volta portata la propria immagine di Sé al partner, l’altro può manifestare tre distinte possibili reazioni:
– Conferma: il partner conferma l’immagine che l’altro ha portato di sé stesso, di cosa sente, di come si vede. Dunque vi è riconoscimento, e l’immagine di sé del primo può consolidarsi.
– Rifiuto: il partner che riceve l’immagine di sé del primo la rifiuta. “Ma il rifiuto – non importa quanto possa essere doloroso – presuppone il riconoscimento, sia pure limitato, di quanto si rifiuta e quindi esso non nega necessariamente la realtà del giudizio [… del primo] su di sé”[16].
– Disconferma: il partner non rifiuta la definizione di sé portata dall’altro, ma ne nega totalmente l’esistenza. Non è più una questione di “è vero” o “è falso” quanto portato, ma si scivola sul piano del “tu/quello che porti non esiste”. In tal modo, il partner che ha portato l’immagine di sé nella comunicazione è soggetto al fenomeno della “perdita del Sé”, cioè dell’alienazione. “La disconferma del sé da parte dell’altro è soprattutto la conseguenza di una particolare mancanza di consapevolezza delle percezioni interpersonali [… definita come] impenetrabilità. […] Che ciascuna parte si accorga del punto di vista dell’altra è la condizione che consente un’interazione efficace e non disturbata”[17].
La punteggiatura della sequenza di eventi: patologie comunicative
Come già anticipato descrivendo il terzo assioma, dare punteggiature diverse alla sequenza di eventi può comportare l’esacerbarsi del conflitto all’interno della coppia. Esso si manifesta in “circoli viziosi che non si possono infrangere a meno che (e finché) la comunicazione stessa non diventi l’oggetto della comunicazione, in altre parole finché i comunicanti non siano in grado di meta-comunicare. Ma per esserne capaci devono uscire fuori dal circolo”[18].
Ritenere che il proprio comportamento sia “l’effetto” del comportamento dell’altro, visto invece come “causa”, vuol dire ignorare la circolarità del processo comunicativo. Ciò può portare al fenomeno delle “profezie che si autodeterminano”.
Ad esempio, se uno dei due partner agisce in base alla premessa “ho paura di sentirmi rifiutata/o”, potrebbe comportarsi in modo difensivo, sospettoso o anche aggressivo, con la possibilità che questo susciti nell’altro partner una reazione di rifiuto, che va a confermare la premessa del primo. Osservando il comportamento che mette in atto chi ha paura di sentirsi rifiutato emerge il fenomeno della ridondanza pragmatica, dato dalla ripetitività di questa comunicazione nel tempo. Inoltre, risulta chiaro come tale comportamento ridondante abbia un effetto complementare sull’altro partner, costringendolo cioè ad assumere atteggiamenti ben specifici, come l’accondiscendenza forzata o la risposta infastidita. “L’aspetto tipico della sequenza (che poi è ciò che lo rende un problema di punteggiatura) è che l’individuo in questione crede di reagire a quegli atteggiamenti e non di provocarli”[19].
Comunicazione numerica e analogica: patologie comunicative
Al quarto assioma si legano problematiche relative a errori di traduzione da uno all’altro codice comunicativo. Usare il modulo numerico, che ha una sintassi particolarmente adatta a comunicare aspetti di contenuto, è conveniente anche per meta-comunicare. Secondo Watzlawick “la prima conseguenza di un guasto nella comunicazione è di solito la perdita parziale di meta-comunicare con un metodo numerico sulle circostanze particolari della relazione”[20].
Ad esempio, una coppia in crisi potrebbe non riuscire a esplicitare verbalmente gli aspetti della relazione che non vanno, e perpetrare modalità relazionali aggressive per esprimere il disagio percepito. O anche, potrebbe comunicare verbalmente alcuni contenuti configurandoli come “problema relazionale” (es: “è che non sopporto che sbatti la porta ogni volta che entri in casa”) nonostante non siano essi realmente legati al disagio relazionale percepito (es: “non mi sento ascoltata/o da te”).
Interazione simmetrica e complementare
Una delle patologie descritte come corollario del quinto assioma è “l’escalation dell’interazione simmetrica”, fenomeno precedentemente citato. Nell’interazione simmetrica è possibile che emerga la competitività: quando nessuno degli interlocutori ha intenzione di arretrare rispetto all’altro, entrambi si rispecchiano in un comportamento “di sfida”.
All’interno della coppia si può verificare l’escalation di un modello di frustrazione quando entrambi i partner, all’interno di un’interazione conflittuale, tendono a voler avere l’ultima parola. Questo finchè i partner non “si fermano solo perchè spossati fisicamente ed emotivamente; mantengono poi una tregua inquieta finchè non si sono sufficientemente ristabiliti per affrontare lo scontro successivo. La patologia della interazione simmetrica è quindi caratterizzata da uno stato di guerra più o meno aperto”[21]. Gli autori del manuale aggiungono: “in una relazione simmetrica sana i partner sono in grado di accettarsi a vicenda ‘come sono’, il che li porta alla fiducia e al rispetto reciproci ed equivale a una conferma dei rispettivi Sé davvero realistica. Quando i partner di una relazione simmetrica arrivano alla rottura, di solito si osserva che l’altro rifiuta piuttosto che disconfermare il Sé dell’altro”[22].
L’altra patologia descritta come corollario del quinto assioma è la “complementarità rigida”, per cui nella coppia le posizioni di “one-up” e “one-down” rimangono stabili e immodificabili. Col manifestarsi di questa patologia comunicativa, è più frequente la presenza di disconferme del Sé dell’altro, piuttosto che di rifiuti. All’interno di una coppia, ad esempio, uno dei due partner potrebbe assumere sempre il ruolo di direzionare le scelte di coppia, mentre l’altro le subisce senza potere di replica o di proposta alternativa. Nei casi più gravi, la “complementarità rigida” può manifestarsi in comportamenti psicologicamente e/o fisicamente violenti perpetrati sempre da un partner sull’altro, in una relazione abusante.
Gli studiosi della Scuola di Palo Alto suggeriscono di osservare tale patologia non tanto indagando i contenuti portati, quanto più soffermandosi sul piano relazionale che emerge dalle comunicazioni di coppia.
Conclusioni
In questo articolo è dunque stato fatto il tentativo di posare qualche mattone teorico per un’impalcatura che ci permetta di osservare la comunicazione di coppia da un punto di vista scientifico. A fronte di quanto esposto, risulta chiara, per concludere, l’esigenza di meta-comunicare nel modo più aperto possibile all’interno della coppia. Un primo aspetto che è fondamentale tenere in considerazione è quello della ricerca di complicità, che permetta di interrompere i circoli viziosi in cui ognuno dei due membri si configura come vittima della crudeltà dell’altro, e che provoca allontanamento. Al contrario, la complicità, che non coincide con l’essere d’accordo su tutto, significa alimentare circoli virtuosi di condivisione di tempi e spazi, in cui si alimentano curiosità e desiderio, un clima di rilassatezza dello stare assieme e si lascia anche correre qualcosa che si ritiene non vada bene. Lasciar correre, infatti, permette di rinnovare la fiducia dell’altro, di fidarsi e di saper aspettare momenti migliori. Anche imparare a chiedere, anziché aspettarsi dall’altro che vengano magicamente soddisfatti i propri bisogni, è un passo fondamentale verso la complicità. É inoltre necessario sapersi mettere nei panni dell’altro: ciò permette di fare uno scarto dal giudizio, che alimenta l’allontanamento, all’accettazione. Significa riconoscere e comprendere la definizione di sé che l’altro porta, così come la punteggiatura che l’altro da’ alla sequenza degli eventi, osservandole non come giuste o sbagliate, ma come sue.
Amare è un’arte il cui apprendimento è tutt’altro che facile anche se, come sostiene Erich Fromm (1956), “la gente ritiene che amare sia semplice, ma che trovare il vero soggetto da amare, o dal quale essere amati, sia difficile”. Al contrario, secondo Fromm, la vera difficoltà sta nell’amare in modo maturo, dunque sano, e lo sostiene così: “l’amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L’amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L’amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo”. L’amore sano è dunque un atto verso l’altro, non la passiva ricezione di affetto, e passa attraverso una comunicazione (e meta-comunicazione) consapevole. “É un potere attivo dell’uomo […] che annulla le pareti che lo separano dai suoi simili, che gli fa superare il senso di isolamento e separazione, e tuttavia gli permette di essere sé stesso e di conservare la propria integrità. Sembra un paradosso, ma nell’amore due esseri diventano uno, tuttavia restano due”.
Maria Chiara Rondinone
Bibliografia
Bauman, Z. (2003). Amore liquido: sulla fragilità dei legami affettivi. Trad.it, Bari: Laterza Editore.
Fromm, E. (1956). L’arte di amare. Trad. it., Milano: Mondadori Editore.
Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi. W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
Zamperini, A. (2010). L’ostracismo: essere esclusi, respinti e ignorati. Piccola Biblioteca Einaudi.
https://it.wikipedia.org/wiki/Assiomi_della_comunicazione
https://www.treccani.it/enciclopedia/pragmatica-della-comunicazione_%28Dizionario-di-Medicina%29/
[1] La sintassi “comprende le problematiche legate alla codifica e alla decodifica dell’informazione, ai canali [usati], alla ridondanza e al rumore [dei processi comunicativi]”. Contenuto tratto da: Treccani alla voce “Pragmatica della comunicazione”.
[2] La semantica “si occupa del significato degli elementi della comunicazione per i comunicanti (le parole)”. Contenuto tratto da: Treccani alla voce “Pragmatica della comunicazione”.
[3] Contenuto tratto da: Treccani alla voce “Pragmatica della comunicazione”.
[4] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 24). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[5] “Una singola unità di comunicazione sarà chiamata messaggio, oppure, dove non si presentano possibilità di confusione, una comunicazione. Una serie di messaggi scambiati tra persone sarà definita interazione. […]. Infine, [… vi saranno i] modelli di interazione, cioè una unità della comunicazione umana di livello ancor più elevato”. Contenuto tratto da: Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 42). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[6] Zamperini, A. (2010). L’ostracismo: essere esclusi, respinti e ignorati (p. 82). Piccola Biblioteca Einaudi.
[7] Zamperini, A. (2010). L’ostracismo: essere esclusi, respinti e ignorati (p. 83). Piccola Biblioteca Einaudi.
[8] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 44). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[9] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (pp. 48-49). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[10] Contenuto tratto da Wikipedia alla voce “Assiomi della comunicazione”.
[11] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 53). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[12] L’escalation simmetrica è una patologia della comunicazione descritta nel paragrafo a seguire.
[13] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 65). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[14] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 67). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[15] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 71). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[16] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 75). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[17] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 80). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[18] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 85). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[19] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 88). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[20] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 95). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[21] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 96). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).
[22] Watzlawick, P., Helmick Beavin, J., & Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi (p. 97). W. W.Norton & Co., Inc., New York (trad. it. Casa Editrice Astrolabio, 1971).