Tecnicamente si definisce morte perinatale la perdita di un figlio che avviene tra la 27a settimana di gravidanza e i 7 giorni dopo il parto. Tuttavia, il “lutto” perinatale si può estendere all’aborto spontaneo, all’ interruzione terapeutica della gravidanza, alla riduzione fetale in caso di gravidanze multiple, alla morte endouterina di uno dei gemelli o all’abbandono per adozione.
Nel 2015 a livello mondiale ci sono stati 2,6 milioni di bambini nati morti dopo le 28 settimane di gestazione. Il 98% per cento di questi decessi si è verificato nei paesi a basso e medio reddito. Circa la metà di tutte le morti perinatali si verificano durante travaglio e parto.
I dati Istat hanno stimato per l’anno 2013 un tasso nazionale relativamente alla mortalità̀ perinatale pari a 4,1 morti per 1000 nati, evidenziando una notevole variabilità per area geografica.
I Fattori di rischio più̀ importanti che si sono riscontrati sono: età materna (>35), infezioni materne (sifilide, malaria, Hiv), disturbi materni durante la gravidanza (ipertensione, obesità e diabete), complicanze ostetriche, patologie congenite, ridotta crescita fetale, parto pretermine, gravidanza post-termine, ridotta assistenza sanitaria, stile di vita e fattori nutrizionali.
Il lutto perinatale presenta tutti i drammatici aspetti del normale processo del lutto, con la differenza che è “biologicamente” inaspettato, e dunque particolarmente “inspiegabile”. La perdita di uno o più figli, nelle differenti fasi della gravidanza, può associarsi a vari sensi di colpa, all’incessante ricerca di spiegazioni, a tanti “perché” e “se solo avessi/non avessi”.
Per la madre il bimbo è parte di sé ed è, quindi, come perdere una parte di sé, si sente un forte senso di vuoto. Inoltre, ci sono poche memorie legate al feto o al neonato e quindi pochissime opportunità di raccoglierle e di oggettivarle.
Queste scarse memorie sono anche incerte perché durante la gravidanza sono state fatte tante proiezioni sul bambino e sulla vita insieme che rimarranno sconosciute. Quando un bambino nasce morto o muore poco dopo, non rimane niente.
La sofferenza della perdita di un bambino è particolare rispetto ad altre perdite perché si ha la nascita e la morte nello stesso tempo e la conclusione intima della donna è di “aver creato morte”.
Questo si può tradurre in un senso di perdita della propria capacità di generare, di mettere al mondo una creatura: la persona sente di aver fallito come donna, può̀ odiare il suo corpo e in generale sé stessa per la sua incapacità̀. Inoltre, il mancato riconoscimento sociale e culturale del lutto perinatale, che spesso è totalmente negato o minimizzato, lascia la coppia e le famiglie nella solitudine e nel silenzio. Ecco perché diventa necessario sensibilizzare tutti gli operatori sanitari, affinché genitori e i familiari in lutto possano ricevere un adeguato supporto psicologico.
Quindi la non legittimazione del dolore connesso alla perdita, unitamente ad assistenze spesso inappropriate, all’assenza di supporto socio-emotivo e alla carenza di spazi di sostegno esperto, sono tra i principali fattori che possono portare i genitori a complicazioni nell’elaborazione del lutto, con il rischio di ulteriori effetti dannosi sulla loro salute psicofisica.
Le quattro fasi del lutto secondo la teoria dell’attaccamento di John Bowlby
Prima fase soprannominata di shock, prevede un senso di stordimento, incredulità̀, calma innaturale o a volte agitazione. Si tratta di reazioni difensive di negazione e rifiuto per l’accaduto, derealizzazione o dissociazione. Questa fase può̀ durare ore oppure più̀ giorni.
Seconda fase di ricerca e struggimento per la persona perduta, rappresentata da un intenso desiderio della persona deceduta, irrequietezza, collera, fitte di dolore, angoscia, pianto disperato, insonnia, pensieri ossessivi e preoccupazioni verso la persona morta, sogni, allarme. Questa fase può durare addirittura alcuni mesi.
Terza fase nella quale è presente il riconoscimento della realtà̀ ineluttabile e irreversibile della perdita. Caratterizzata da disperazione, depressione, apatia, senso di solitudine, isolamento, perdita di interessi, autocritica, colpa e vergogna. Chiusura in sé stesse/i, Spesso si verificano insonnia, calo di peso e la sensazione che la vita abbia perso il suo significato.
Infine, quarta ed ultima fase, nella quale gli aspetti acuti del dolore cominciano a ridursi, si verifica la ridefinizione del Sé e della situazione attuale alla luce della perdita.
Il figlio perduto viene ora ricordato con un senso di affetto, tenerezza, tristezza e nostalgia.
Quali sono i bisogni percepiti durante il lutto perinatale?
Nel lutto perinatale i bisogni esperiti sono pochi e più semplici di quanto si creda.
Attraverso l’ascolto partecipe il professionista sanitario ha un ruolo chiave nella gestione della morte perinatale; se riesce a fornire un supporto sensibile ed una presenza di cura adeguata può facilitare l’elaborazione del lutto genitoriale, al contrario, con atteggiamenti errati, può ostacolare il processo di elaborazione.
Aver perso un bambino in epoca perinatale rappresenta un noto fattore di rischio psicologico e comportamentale anche per le gravidanze successive e per il futuro stile di attaccamento genitore- bambino, un approccio adeguato al lutto è dunque essenziale, da parte di tutti gli operatori, per la salute dei genitori e per fornire un’assistenza ottimale. La formazione di base spesso non prevede la cura degli aspetti psicologici e degli eventi difficili, per cui molti operatori si trovano impreparati, pur dovendo fare fronte periodicamente alla morte.
Numerosi studi che si occupano di traumi psichici studiano la capacità del singolo di fare fronte ad un evento negativo e di superarlo senza conseguenze psicopatologiche, osservano come oltre all’evento luttuoso, anche gli eventuali traumi aggiuntivi, legati al contesto, siano fonte di notevole distress psicologico e complichino notevolmente l’elaborazione del lutto. Molti studi ci dicono che un atteggiamento comprensivo ed empatico da parte degli operatori facilita un corretto processo di lutto nei genitori.
La letteratura internazionale prevede un sostegno continuativo alla coppia genitoriale, fondato sulla partecipazione e sull’organizzazione capillare di protocolli di intervento, che coinvolgano figure intra ed extra ospedaliere in modo da creare un nucleo protettivo e partecipe.
In molti ospedali è già presente un servizio di assistenza psicologica per le famiglie e per i membri dello staff ospedaliero, in modo da elaborare i vissuti di perdita sia nei genitori che negli operatori coinvolti in fase acuta.
Quali sono le principali emozioni provate da questi genitori?
Le emozioni più frequenti provate dopo un’esperienza di lutto perinatale sono il senso di colpa e la vergogna, che possono indurre le coppie a non cercare conforto negli altri e a provare ancora più solitudine e smarrimento. Le madri non vivono solo l’esperienza del lutto ma anche una profonda ferita esistenziale, che può far generare pensieri di incapacità a generare una vita e di incuria nell’essere state in grado di proteggere il proprio bambino. Questa ruminazione di tipo depressivo e colpevolizzante è maggiore nelle madri che hanno investito sulla gravidanza, come momento di realizzazione della propria esistenza.
La perdita di un figlio può essere annoverata tra le esperienze più traumatiche nella vita di un uomo, un’esperienza mentalmente e fisicamente devastante, capace di mettere in crisi le convinzioni più profonde, la visione della vita, le relazioni affettive e il senso e l’immagine di sé.
La drammaticità del lutto pre e perinatale può essere parzialmente alleviata se le figure coinvolte nella perdita possono affidarsi a persone competenti, sensibili ed empatiche, capaci di fornire loro uno spazio di ascolto, comprensione umana, sostegno emotivo, comunicazioni chiare e complete, tempi e spazi adeguati. Per questo è bene che coloro che sono state vittime di un evento così drammatico si rivolgano a figure professionali competenti che li affianchino nel percorso lento e graduale di elaborazione di una sofferenza.
L’età del bambino non ha alcuna importanza per stabilire l’entità della perdita: è importante comprendere che il legame genitore-bambino inizia molto prima della nascita, e che il neonato è da tempo parte della sua famiglia.
Roberta Paoletto
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