L’origine dei sogni è sempre stata, fin dai tempi antichi, oggetto di curiosità e di indagine. Il concetto di sogno, inteso come prodotto endogeno dell’attività cerebrale, è una scoperta del ventesimo secolo, legata all’individuazione del sonno REM (Aserinsky e Kleitman, 1953). Secondo i popoli antichi, i sogni erano delle rivelazioni, fatte dagli dei, che avevano come scopo quello di predire il futuro. Questa idea di sogno come un qualcosa di profetico accomuna vari popoli, come Egizi e Greci. Quello che si modificava da cultura a cultura era il significato che veniva attribuito al sogno, ma restava comune il pensiero che non fosse qualcosa di proveniente dall’interno, ma piuttosto proveniente da un’entità esterna. Oltre a ciò, sono numerosi gli scritti filosofici e anche fisiologici del diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo secolo riguardanti il sonno e le varie ipotesi circa le origini dei sogni.
L’origine dei sogni nella filosofia: Leibnitz, Locke e Hartley
Tra tutti, i primi a sentire il bisogno di capire l’origine dei sogni furono i filosofi. Per loro, il sonno e il sogno erano temi di grande preoccupazione perché costituivano una “pausa” dal lungo continuum della coscienza. “Cosa accade alla nostra coscienza durante il sonno? Da dove arrivano le immagini che si presentano durante il sonno?”. Uno dei primi filosofi a cercare risposte a domande del genere fu Leibnitz. Infatti, nei suoi scritti troviamo un primo passo verso lo sviluppo di teorie più moderne, secondo le quali il sogno è generato dall’interno.
In modo diametralmente opposto, Locke ha affermato che non si tratta di qualcosa proveniente direttamente dall’ “interno” dell’uomo, quanto più di un’elaborazione proveniente dalla percezione sensoriale. Per lui (così come per Filalete) il sogno altro non era che un insieme di pensieri che non si erano cancellati durante la giornata e che riemergevano in modo confuso durante la notte.
Nel 1801 Hartley, invece, aveva affermato che i sogni fossero causati da vibrazioni che hanno origine nello stomaco e che si propagano fino al cervello. Spiegava, inoltre, che la gran confusione del sogno altro non era che un’agitazione del cervello che durante il sonno si trova in uno stato del tutto diverso da quello in cui normalmente si trova quando forma le associazioni durante la vigilanza, quello che è definito attualmente “stato di veglia”.
Fisiologia dei sogni
Uno dei primi passi verso il progresso per la comprensione dell’origine dei sogni inteso come prodotto endogeno del cervello non viene attribuito direttamente a qualcuno, ma piuttosto ad un lento e graduale progresso della fisiologia, in particolare nell’ambito degli studi sul sistema nervoso. In questo contesto si distinguono tre ricerche differenti che hanno portato a successive scoperte funzionali:
- la fisiologia dei nervi periferici;
- il riconoscimento della funzione del midollo spinale e lo sviluppo dell’idea riflessa;
- la crescita della conoscenza del cervello e il concomitante abbandono di molti dogmi riguardanti l’anima.
Alla luce di tali scoperte della fine del XVIII secolo, all’alba del XIV secolo vi fu uno sforzo crescente per spiegare i processi mentali in termini fisiologici.
Attività cerebrale onirica
Nel 1936, Peron definisce il sonno come “stato fisiologico periodicamente necessario, […] caratterizzato da un’interruzione dei complessi rapporti sensoriali e motori che collegano il soggetto al suo ambiente”. E già nel 1953 Aserinsky e Kleitman distinguono all’interno del sonno due fasi fondamentali: fase NREM o ad onde lente e fase REM o desincronizzato. Dopo numerosi studi e ulteriori scoperte si giunge, nel 2007, alla definitiva descrizione delle fasi del sonno:
- veglia
- fase NREM1, dove inizia realmente il sonno
- fase NREM2, dove sono presenti sul tracciato EEG i complessi k e i fusi del sonno
- fase NREM3, dove si presentano le onde delta
- fase REM
Nir e Tononi (2010) hanno dato, successivamente, un importante contributo nella comprensione del sogno, scoprendo in che modo può variare l’esperienza soggettiva durante le fasi del sonno. Nelle fasi NREM, in cui è presente un’attività neuronale nel sistema talamo corticale, le sensazioni soggettive sono quasi totalmente assenti, invece nella fase REM si rileva un’intensa attivazione emotiva. Durante questa fase il cervello produce sogni caratterizzati da storie e personaggi pur essendo isolato e scollegato dall’ambiente. Le immagini sono vivide e reali, vi è una trama e si sperimentano vere e proprie esperienze emotive e senso motorie. I due studiosi hanno rilevato inoltre, tramite l’uso dell’EEG e della PET, una serie di similarità per sensazioni e contenuti, tra il mondo onirico e il mondo reale quando si è svegli. Le immagini oniriche presenti nei sogni sono determinate dall’attivazione delle aree temporo-occipitali della corteccia visiva durante il sonno REM. Ciò che accade nel sogno è caratterizzato da una riduzione del controllo volontario del pensiero e dell’azione e si viene trasportati dagli eventi, senza possibilità di scelta e si riduce notevolmente la componente di auto monitoraggio dei propri comportamenti. Ciò è dovuto sia alla disattivazione di aree cerebrali, come la corteccia cingolata posteriore, la corteccia orbito frontale, la corteccia parietale inferiore e quella prefrontale dorso laterale, sia all’iperattivazione delle strutture limbiche.
Bibliografia
Giusti, E., & Salerno, M. (2019). Sogno e inconscio: Fisiologia e psicologia per le relazioni d’aiuto. Armando Editore.
Lavie, P., & Hobson, J. A. (1986). Origin of dreams: Anticipation of modern theories in the philosophy and physiology of the eighteenth and nineteenth centuries. Psychological Bulletin, 100(2), 229.
Selena Bellanova