INTERVISTA A GIULIA GRAZIOLI:
LAVORARE IN EQUIPE MULTIDISCIPLINARE
A cura di Ester Boccasso
E>> La tua attività di professionista si svolge non solo nel Centro di Psicologia e Psicoterapia Funzionale di Padova ma anche a Brescia. Ci puoi raccontare in cosa consiste?
G: Lavoro all’interno di un’equipe multidisciplinare con un ruolo che corrisponde alla psicologa di comunità, nel settore dei Servizi Sociali del comune di Brescia.
L’aspetto multidisciplinare è dato da un confronto costante, in fase progettuale ed esecutiva, con altre figure professionali in un’attività non puramente clinica.
E>> Con chi, nello specifico ti interfacci?
G: Sono all’interno del Servizio sociale del comune di Brescia e le figure professionali con cui collaboro sono diverse.
Tra queste c’è l’Assistente sociale definito Case manager; l’Educatore; il Mediatore culturale che si occupa della traduzione linguistica, delle chiavi di lettura culturali.
L’ Etnoclinico che si occupa di presentare una relazione più approfondita tra le culture diverse.
Ovviamente ci interfacciamo con gli Enti del Territorio come scuole, neuropsichiatra, consultorio… e anche con una rete informale come il parroco, l’allenatore, la famiglia allargata…
E>> In termini di tempo quanto ti occupa questa attività?
G: Lavoro 14 ore settimanali che si possono gestire in massima flessibilità. In generale lavoro dalle h 8-16.
Mi serve un PC, uno spazio-ufficio, ma anche essere mobile per andare in altre sedi ed infine c’è un tempo di confronto coi colleghi dell’equipe.
E>> Come e quando nasce questa collaborazione?
G: Nasce nel 2009 in seguito alla vincita di un bando del Comune di Brescia.
Dentro ad una struttura già organizzata e poi riproposta con due riedizioni fino al 2018.
Ciò su cui si è investito è la formazione comune alle diverse figure professionali.
Sicuramente ho dovuto “aggiustare” molto le mie modalità apprese come terapeuta: ad esempio l’aspetto della gratuità del servizio, la motivazione di chi viene assistito da noi è tradotta dall’equipé, il sostegno viene dato al singolo e alla famiglia allo stesso tempo.
E>> Secondo te qual è un momento rappresentativo di questo lavoro?
G: Sicuramente il momento dell’equipe in cui viene raccontato un nuovo caso.
Ogni professionista mette il suo contributo, il suo punto di vista nell’analisi del caso e insieme ci lavoriamo. E’un lavoro d’insieme.
E>> C’è una situazione che ti ha sorpreso?
G: Riportarne una non è facile, sono le cose più semplici che ti sorprendono ma che sai che richiedono molto impegno da parte di tutti, in primis per i nostri utenti come una promozione a scuola.
E’ bello vedere i cambiamenti degli individui dopo il sostegno ricevuto.
E>> Cosa ti ha permesso di non mollare?
G: L’iniziale difficoltà a conciliare due vite in due città diverse è stata superata dal piacere di variare e muovermi in ambiti diversi. Questo lavoro mi ha permesso di poter variare ed entrare in rapporto con i Territori, il Pubblico ed altri ambiti professionali.
E>> Cosa troviamo dietro le quinte di questo lavoro?
G: Il piacere e fatica di interfacciarsi con le famiglie straniere, conoscere culture diverse, toccare il disagio grave, tutti aspetti che avvicini lavorando sul campo, non ti viene insegnato nei libri.
Troviamo il lavoro con figure professionali diverse che arricchisce il confronto per affrontare il caso. Sono convinta che la varietà e la diversità che c’è tra noi operatori sia un valore aggiunto al gruppo e allo stare insieme.
Un pensiero che faccio spesso è se mai avverrà un passaggio dal Servizio Pubblico a quello Privato: “cosa accadrà quando un utente straniero arriverà in terapia?!!”