Aspetti relazionali nella gestione delle situazioni di emergenza in ospedale: un progetto presso l’ULSS 15

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È stato dimostrato che alcune categorie di professioni definite “ad alto contatto” (high touch) sono più a rischio di altre: i medici che lavorano negli ospedali sperimentano un più alto livello di burn-out rispetto a quelli che lavorano in studi privati, studi di ricerca, università, ecc. Medici e personale che lavorano nei settori psichiatrici, oncologici e polmonari e in particolare nell’ambito delle malattie incurabili, croniche e terminali, mostrano un livello di burn-out molto più alto di quello dei loro colleghi degli altri dipartimenti, dove i malati hanno prognosi più favorevole. Non bisogna, inoltre, sottovalutare le condizioni in cui si trovano gli infermieri che, essendo i professionisti più “raggiungibili” in una struttura sanitaria, sono coloro che, più di tutti, devono dialogare con il malato, ascoltare le sue difficoltà e le sue ansie e sostenerlo nelle sofferenze (Sundeen e Stuart, 1978).

La comunicazione è un aspetto presente in ogni ambito di vita, ma assume un significato ancora più rilevante in un contesto ospedaliero, soprattutto in area emergenziale, di fronte alla necessità di comunicare ad un paziente o ai suoi familiari cattive notizie (malattie, lutto, ecc.) e nell’accoglienza e gestione di pazienti con disturbi psicologici.

Le tempistiche accelerate ed il timore di un coinvolgimento emotivo determinano una difficoltà nel trovare una strategia comunicativa appropriata e, paradossalmente, una difficoltà nella gestione di alcuni pazienti o di alcune comunicazioni. La sfera emotiva è parte integrante della comunicazione, anche qualora si tenti di restare freddi e distaccati. Nella formazione, quindi, è determinante acquisire la capacità di tollerare la frustrazione e sviluppare l’empatia senza, per questo, essere travolti dalla sofferenza del paziente e/o dei suoi familiari.

Una delle più importanti linee di intervento per arginare il Burn-out è costituita dalla prevenzione che si può attuare a livello organizzativo e individuale.

È proprio da queste considerazioni che è sorta e si è sviluppata l’idea di costruire un corso ad hoc per gli operatori del Pronto Soccorso. Successivamente sono stati coinvolti anche i professionisti del reparto di Radiologia, considerando che spesso anche questi si trovano a dover comunicare l’esito nefasto degli esami svolti dagli assistiti.

Il corso di formazione “Aspetti relazionali nella gestione delle situazioni di emergenza in ospedale” si è svolto in un incontro di una giornata presso il presidio ospedaliero di Camposampiero ULSS n.15. Tale corso ha avuto 10 edizioni, atte a formare tutto il personale (Medici, Infermieri Professionali, Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e Operatori Socio-Sanitari) del Dipartimento Diagnostico per Immagini ed Urgenza degli ospedali di Camposampiero e Cittadella. Gli incontri si sono svolti dal 19 settembre al 21 novembre 2014.

Il progetto formativo mirava a far acquisire ai partecipanti una maggiore consapevolezza di sé stessi, perché solo quando sappiamo chi siamo, dove siamo e cosa sentiamo riusciamo ad interagire meglio con gli altri. Considerando che in una giornata di corso era impossibile arrivare ad un sostanziale cambiamento per tutti i partecipanti, il risultato atteso era di riuscire a far raggiungere un miglioramento della consapevolezza per comprendere, all’interno del proprio contesto, dove poter agire e come indirizzare le proprie energie.

Valutando i riscontri ottenuti dai gruppi di partecipanti, sempre diversi nei dieci incontri, e confrontando gli atteggiamenti rilevati all’inizio della giornata formativa con quelli alla conclusione del corso, sono emerse le seguenti osservazioni:

–          le persone che fin dall’inizio avevano dimostrato curiosità ed interesse hanno mantenuto una collaborazione attiva riconoscendo un arricchimento personale;

–          la maggior parte degli operatori che si era espressa con perplessità e una certa prevenzione iniziale, nell’arco della giornata, anche grazie alle tecniche esperienziali sperimentate, ha mostrato un atteggiamento man mano sempre più aperto e partecipativo;

–          alcuni partecipanti, infine, sono usciti scettici dal corso, dimostrando che, laddove viene richiesto di mettersi in gioco e non ci si limita ad ascoltare un discorso, le persone sono un po’ meno disponibili.

In conclusione, è opportuno ripetere che il processo di cambiamento nell’atteggiamento degli operatori richiede tempi molto lunghi e sicuramente non è raggiungibile in un giorno. Il risultato auspicato, quindi, è che almeno una parte dei partecipanti abbia acquisito una maggiore sensibilità ai propri bisogni e a quelli degli utenti e un’accresciuta capacità di comprendere e di affrontare le ansie e le difficoltà implicite nelle relazioni d’aiuto. Una maggiore consapevolezza che in alcuni casi può evitare comportamenti difensivi controproducenti, che peggiorano la comunicazione, e migliorare il grado di soddisfazione per la qualità della relazione e delle prestazioni professionali. Una frase tra tante di gradimento del coro, più volte espressa: “Abbiamo bisogno noi di uno psicologo”.

Francesca Galvani, Luca Rizzi, Debora Trabucchi, Marica Perlati, Isabella Gava

 Bibliografia

– Baiocco R., Crea G., Laghi F., Provenzano L. (2004), Il rischio psicosociale nelle professioni di aiuto: la sindrome del burn-out negli operatori, medici, infermieri, psicologi e religiosi, Trento, Erickson.

– Cherniss C. (1983), La sindrome del burn-out. Lo stress lavorativo degli operatori dei servizi socio-sanitari, Torino, Centro Scientifico Torinese.

– Maslach C. (1992), La sindrome del burnout. Il prezzo dell’aiuto agli altri, Assisi, Cittadella Editrice.

– Maslach C., Leiter P. (2000), Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro, Trento, Erickson.

– Rispoli L. (2004), Esperienze di Base e sviluppo del Sé. L’Evolutiva nella Psicoterapia Funzionale, Franco Angeli, Milano.

 

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